

Considerato che in tawerna fioccano i diari di gioco giocato; considerato che la Grecia sembra davvero sull'orlo di una nuova titanomachia (che forse trascinerà l'intera Europa nell'Ade); ma soprattutto considerato che per circostanze fortuite ho recuperato la trilogia di Kratos in versione HD per quaranta cucuzze, mi sembra carino scrivere anch'io due parole sui giochi, man mano che seguo i propositi di vendetta del fantasma di Sparta su su fino al monte Olimpo. A partire dal secondo gioco, negletto all'epoca, quando decisi in modo abbastanza perentorio che di epica fracassona ne avevo avuta quanto bastava (se poi troverò la voglia di rigiocare anche il primo strada facendo, ben venga).
#01 - Grecia di plastilina
Del secondo God of War per adesso posso dire che entrare nelle viscere del colosso di Rodi e smontarlo pezzo per pezzo è un gran bel tributo al cinema di Ray Harryhausen, e questo mi mette di buon'umore perchè credo sia lo spirito giusto con cui gustare le avventure dello spartano. Jaffe dichiarò il suo amore per Clash of the Titans (1981) sin nel making of del primo GoW, nel caso che la fonte di ispirazione non fosse stata evidente abbastanza. Ora, questo già aprirebbe la porta a una serie di considerazioni. Che, a rischio di suonare incredibilmente spiccio e un po' razzista, potrei condensare nella domanda: ma quanto sarebbe stato più bello God of War se anzichè a Santa Monica l'avessero fatto a Cinecittà? Cioè, nella Cinecittà di un universo parallelo in cui l'Italia non è sprofondata del collasso culturale, Mario Bava è ancora vivo, e l'industria videoludica italiana una realtà... Naturalmente la domanda è capziosa: la stragrande maggioranza dei peplum prodotti in Italia era di un livello artistico e concettuale ben più povero di quanto offra la trilogia californiana di Kratos. Restano però le grandi eccezioni de L'Odissea televisiva prodotta dalla RAI nel 1968, diretta da Franco Rossi (col decisivo apporto di Bava), e dei film Edipo Re (1967) e Medea (1969) di Pasolini, che hanno consegnato al cinema la visione in assoluto più convincente e mesmerizzante dell'antica Grecia. Un percorso assolutamente contrario a quello dei peplum più caciaroni, è ovvio, ma non incompatibile con l'epica greca videoludica. Detta in altri termini: come sarebbe God of War se in cabina di regia vi fosse un Fumito Ueda? Sarebbe stato possibile mantenere lo stesso tono epico, le stesse aspirazioni da colossal, rinunciando però a quegli elementi di design che scadono, per dirla col Fulco, nel trash? Tipo le combo strillate a schermo come in un mortal kombat ("brutal!"); o le architetture e scenografie che mancano il bersaglio una volta su tre, e tutte quelle commistioni con elementi mitologici raccogliticci (ho ancora in mente l'orribile design nordico di Ares), che fanno tanto pensare che a Santa Monica abbiano studiato la mitologia greca sulle opere di Jack Kirby?
Si badi bene: non sto vagheggiando un God of War "meno violento" o con "minor azione" o robe simili. Al contrario penso che proprio la cruda impostazione della vicenda avrebbe avuto ancora maggior risalto da un lavoro complessivo di art direction più "rigoroso".
Del terzo GoW nulla da dire sinora, per ovvi motivi, se non che i titoli di testa, che rimandano alle pitture vascolari nere e rosse, sono di grande impatto.
#02 - retrospettiva: fatti e misfatti videoludici sull'antica Grecia
1) Argus no Senshi (il guerriero di Argus / Rygar). Coin-op 1986, Tecmo. Trattasi della strada più battuta dai game designer: ambientare il gioco in un mondo che "ricorda" l'antica Grecia, ma non lo è propriamente... Il che offre la licenza poetica necessaria per armare l'eroe con uno yo-yo gigante / lame rotanti alla Goldrake. Nel 2002 la Tecmo ci ha riprovato su Playstation 2, peraltro riscuotendo un certo consenso di critica. Certamente Kratos gli deve qualcosa su fronte armamentario... Gioco 5/10 (7/10 su ps2), attinenza al mito 3/10.
2) Hikari Shinwa: Palutena no Kagami (Il mito della luce: lo specchio di Palutena / Kid Icarus). NES 1986, Nintendo. il nostro Kid come lo sventurato Icaro ha un paio di ali. Anche i calzari in cuoio che indossa fanno molto antica grecia. Ma la Nintendo deve aver creduto che gli eredi di Atena detenessero un qualche copyright sul nome, perchè il nostro deve salvare la dea "Palutena". Gioco 7/10, mito 4/10, musiche di "Hip" Tanaka 11/10.
3) Juuoki (Le cronache del Re Bestia / Altered Beast). Coin-op 1988, Sega. Zeus resuscita due "centurioni", affinchè salvino Atena dalle grinfie del malvagio... "Neff". OK. Naturalmente i centurioni in questione possono trasformarsi in tigri e draghi volanti. Qualità ludica: scarsa. Coefficiente di pertinenza al mito greco: 1/10
4) Phelios. Coin-op 1988, Namco. Qui si tratta di vestire i panni di Apollo, dio del sole, e saltare in groppa a Pegaso per salvare l'amata Artemide (incidentalmente anche sua sorella gemella, ma si sa che sull'Olimpo non si facevano troppi problemi) dalle grinfie di Tifone. Sparatutto verticale che si lascia giocare a tutt'oggi. La versione da casa (Megadrive) è censurata nelle cutscenes più pruriginose, dove Tifone si trastulla con Artemide mentre voi vi attardate per i cieli dell'Ellade. Gioco: 6/10, mito: 5/10
5) Ai no Densetsu Olympus no Tatakai / The Battle of Olympus. NES 1988, Infinity/Imagineer. Ecco il gioco che riscatta i nipponi dalle atrocità commesse col serial tv "I cavalieri dello zodiaco". E' anche il gioco che Kratos tenta disperatamente di eguagliare in quanto a fattore grecità. Ma lo scontro è impari: qui, anzichè controllare un incazzuso "Braveheart" che vuol fare la festa a tutto l'Olimpo, abbiamo nientepopodimeno che la versione videoludica accurata del mito di Orfeo ed Euridice. Il nostro Orfeo dovrà esplorare la Grecia classica in lungo e in largo per trovare l'entrata del Tartaro e sottrarre Euridice dalle spire di Ade. Alcune perle: la moneta di scambio sono le olive; gli dei si consultano nei rispettivi templi inginocchiandosi con devozione; sul fronte artefatti non mancano l'occhio delle Parche, lo scudo di Atena, i sandali di Hermes. Poi la maga Circe, il labirinto del Minotauro, I tori di Apollo, Lamia... Insomma, questo è il titolo di riferimento quanto a mitologia greca. Esiste anche in versione portatile sul monocromatico Gameboy, leggermente più semplice e, incredibile a dirsi, interamente tradotto in italiano. Gioco: 8/10 (ai livelli di Zelda II), mito: 10/10
6) Herc's Adventures. Playstation & Saturn, 1997, Lucasarts. Ecco una chicca da recuperare. Un arcade adventure con un'accattivante grafica 2D (un incrocio tra Zelda e Zombies Ate my Neighbors), interamente doppiato in italiano, e soprattutto intriso del tipico humor Lucas. Sul fronte mito ci siamo in pieno: Ercole, Giasone e Atalanta sono ai vostri comandi, in missione per conto di Zeus (la donzella da salvare stavolta è Persefone, il cui ratto da parte di Ade ha sottratto la primavera ai mortali), e quando "muoiono"... semplicemente finiscono un dungeon più in basso, nel regno di Ade. Una menzione speciale per Ercole che indossa la regolamentare pelle di leone sulle spalle e impugna la clava. Il classico gioco che sarebbe dovuto finire sul PSN store al day one, se solo alla Sony assumessero teste pensanti. Gioco 7/10, mito 9/10
menzione speciale) Castlevania. Le schiere di mostri al servizio di Dracula da sempre attingono alla mitologia classica. Lo scontro con Medusa è un momento topico della serie. A partire da Castlevania III, la costruzione del castello del malefico Conte denota una certa ricercatezza stilistica: le rovine greche sono, immancabilmente, sepolte nelle viscere della terra... Sono insomma le fondamenta sulle quali il cristianissimo impalatore degli infedeli ha eretto la sua fortezza. Sacro e profano. In Circle of the Moon, l'eroe Nathan Graves ha sì con sé acquasantiere e crocifissi, ma non esita ad invocare la protezione delle divinità grecoromane pur di sconfiggere il Conte. Il massimo della squisitezza mitologica nella serie lo si trova però (manco a dirlo) in Symphony of the Night, nelle cui grotte Alucard affronterà Scilla; la quale però non è raffigurata secondo il canone omerico, ma rispecchia la descrizione che ne diede Ovidio ne Le metamorfosi. Impagabile.

#03 - lunga traversata
Giocare un God of War è impresa lunga e francamente non troppo esaltante dal punto di vista strettamente ludico (affrontarne due di seguito potrebbe avvelenarmi il dente nei confronti della serie, devo starci attento). Non fosse che sono troppo scafato per non capirne benissimo i motivi, mi stupirei di quanto successo ha riscosso questa formula. La carne da macello che si frappone fra Kratos e il suo obiettivo a breve termine (solitamente l'ennesimo scrigno d'energia) è talmente impotente nei confronti dello spartano che sembra volerlo rallentare per lenta consunzione. Oppure, se dotata di scudi, si fa coriacea e impervia alle prese. La ripetitività di questa macellazione è costantemente accompagnata da una colonna sonora sincopata, tambureggiante, al punto che uno è spinto all'uccidere pur che le proprie orecchie possano guadagnarsi un attimo di requie. Le pause contemplative sono rarissime, ma quelle poche sono efficaci - ora per esempio ho lasciato il buon Kratos sul ciglio del tempio di Lachesi, una delle Moire, da dove si gode una vista sui quattro stalloni del fato, non ho capito se debbano essere quelli di Zeus, quelli di Elio, o altri ancora. Belli però.
Il gioco è proseguito senza intoppi - il povero Tifone, nella sua rocciosa maestosità non può reggere il confronto col colosso di Rodi distrutto poc'anzi. Kratos ha donato un po' di meritato riposo a Prometeo. Bivi o tesori troppo nascosti sono tenuti al minimo, è tutto molto streamlined. Questo secondo episodio sembra voler lavorare innanzitutto sul ritmo e sulle dimenzioni ingigantite di chi avete davanti: certo anche Crono era bello grosso, considerato che un intero dungeon poggiava sulla sua schiena, ma la cosa era più un artifizio narrativo mentre sembra che Santa Monica abbia voluto trasformarlo progressivamente in realtà. Le sequenze in volo sul Pegaso mi hanno portato alla memoria un altro classico Amiga, Lionheart, che fu un po' il God of War dei suoi tempi: tecnicamente diverse spanne sopra tutto il resto, con un eroe travagliato (in cerca di una cura per l'amata), grandi combattimenti all'arma bianca e sequenze di volo in groppa a un drago.
Intanto, visto che li ho chiamati indirettamente in causa in precedenza, segnalo i blog (con tanto di succose art galleries) di un paio degli artisti che hanno contribuito maggiormente al concept design della serie: Charlie Wen e Andy Park.
Ah, lamento che qualche dio non abbia regalato a Kratos una reflex digitale (magari una Olympus): la penuria di screenshots decenti reperibili online rende più difficoltoso il diario di bordo.
#04 - Spartani di cellulosa
Una dozzina d'anni fa usciva in italia la graphic novel di Frank Miller, 300. Se non l'avete letta, di sicuro non vi sarà sfuggito il film. Devo dire che, nonostante il formato panoramico e gli splendidi colori di Lynn Varley (consorte e collaboratrice di Frank), 300 non mi convinse granchè. Col senno di poi, si trattava forse dell'ultimo sforzo creativo leggibile di un autore paurosamente in declino. Con 300 l'immaginario collettivo contemporaneo si riappropria della figura dello spartano, visto come indomabile guerriero (dopo che il mito di Sparta era stato per anni oggetto di attenzioni da parte della propaganda comunista). Miller trasforma l'episodio delle termopili in un pamphlet sulla difesa dei valori occidentali, insidiati non solo dall'oriente lascivo, ma anche da quei debosciati collaborazionisti degli ateniesi.
Quest'ottica tranchant è del tutto priva delle sottigliezze e sfumature che ho imparato ad apprezzare nella mitologia classica; fortunatamente Kratos non sembra aver assorbito questa impostazione ideologica del lavoro di Miller, cosicchè in God of War è possibile godersi un mito sanguigno senza troppe dietrologie. Ad ogni modo vi segnalo il volume "299+1" di Leo Ortolani, una delle sue storie più efficaci. Raramente la parodia raggiunge queste vette, in cui all'omaggio si aggiunge la confutazione dell'opera che l'ha ispirata.
Lo scontro con Teseo è stato un momento promettente - God of War soffre una cronica carenza di semidei e figure intermedie, e se Kratos ha intenzione di annichilire tutto il pantheon delle divinità, mi sembra appropriato che parta dalla gavetta. Incidentalmente, Teseo ricopre un ruolo chiave in un'altra opera fumettistica che aggiorna il mito greco alla sensibilità contemporanea.
Parlo di Bacchus, fumetto indipendente di Eddie Campbell, uno dei più validi collaboratori di Alan Moore. Vi si narrano le gesta di Bacco/Dioniso, il quale è ancora vivo e vegeto ai giorni nostri, ha il volto deturpato da una vecchiaia inaspettata, e veste alla marinara come fosse Corto Maltese. Il dio del vino, fedele alla sua natura anarcoide, si terrebbe volentieri fuori dalla lotta per il potere scaturita dalla caduta degli dei, allorché il deforme Pupilla Kid, nipote di Argo Panoptes, ha inavvertitamente ucciso Zeus con una delle sue stesse folgori. "Joe Theseus" è invece un businessman di successo; ha mantenuto la sua immortalità abbeverandosi delle acque che si raccolgono nelle orbite del teschio di suo padre Poseidone, e ovviamente ha in animo di riprendersi il potere di Zeus e ricostituire l'olimpo dell'età aurea. Questa in sintesi la trave portante della vicenda, anche se da buon fumetto autoprodotto, Bacchus si sfrangia presto in mille e mille rivoli - notevole per esempio la sottotrama in cui Bacchus fonda un suo regno indipendente in un pub al largo delle coste britanniche. Una lettura consigliata.
#05 - glorie della continuity
Proprio quando ero pronto a scrivere qualcosa di venefico, o derisorio, God of War II si è salvato in corner sul finale, riuscendo, dal kraken in poi, a ritrovare quella grandeur con cui aveva iniziato, con la caduta del colosso di Rodi. In realtà, è un insieme di fattori che rende l'epopea mitica di Kratos appetibile. Ho apprezzato tutta una serie di tocchi di classe, dal combattimento con Perseo alla maggiore delle parche che tesse letteralmente la trama del fato con un gigantesco telaio.
Chiaramente Santa Monica ha goduto di un lusso che altri team non possono nemmeno sognarsi: il successo del primo episodio, la munificenza di mamma Sony, e non ultimo la precisa direzione story-driven delle avventure di Kratos ha fatto sì che la serie non solo fosse organizzata veramente come una trilogia, ma anche che i tempi narrativi potessero essere calcolati al millesimo. Il panorama videoludico è strapieno di "trilogie" dovute al fatto che il successo più o meno fortuito di una serie ne determina la continuazione, ma un arco narrativo coerente che si dipani per più episodi è più raro. Di solito si tenta di avere una storia autoconclusiva e premesse che partono da zero di volta in volta, per agevolare i nuovi venuti.
God of War II invece si concede il lusso di essere un vero e proprio capitolo di mezzo, aprendosi con motivazioni deboli (una nuova, forte "genesi" avrebbe sconfessato quanto già accaduto nel primo episodio) e concludendosi con un ostentato cliff-hanger. La sua struttura interna è apprezzabile in quanto speculare rispetto al primo episodio: laddove avevamo un campione degli dei, adesso abbiamo il prescelto dai titani: l'espediente consente familiarità e progressione al tempo stesso. Kratos entra in gioco con il tridente ottenuto la volta scorsa, e porterà con sé il vello e le ali di icaro su PS3. Combattendo con una delle parche, Kratos rivive i momenti finali dello scontro con Ares.
Nell'anticamera di Cloto, lo spartano passa velocemente davanti a tre pareti affrescate: vi sono raffigurate lo scontro tra l'olimpo e i titani, un'anima sola che contempla uno scenario di desolazione, e infine tre figure che viaggiano inseguendo un astro... La storia è già chiara, Kratos porterà l'olimpo alla rovina e i tre Magi saranno testimoni di una nuova era. Fresco fresco dalla visione di Agorà, immagino che sarà dura gioire della furia distruttiva di Kratos alla fine della giostra xD.
#06 - il falso mito di Kratos, eroe violento
Si è soliti pensare a God of War come a una serie in cui l'azione e la violenza la fanno da padrone. Ed è vero, ma con una riserva: Kratos in fondo ha i cromosomi di Hayabusa, ma anche quelli di Link. Lo spartano che dovrebbe passare tutto il suo tempo a squartare minotauri e decapitare gorgoni, si ritrova a dover tirare una leva praticamente ad ogni passo. Non c'è sezione di tempio che si lasci superare senza prima aver risolto un rompicapo. Lo scontro con Cloto, l'ultima delle moire, è tutto uno spingere leve e azionare pulegge. Insomma, per essere l'incarnazione della furia vendicativa, Kratos spesse volte agisce come Ulisse piuttosto che come Achille.
#07 - vecchi vizi di salto generazionale
Sconfiggere Poseidone combattendolo in groppa a Gaia ed essere scaraventati nell'ade è certo un inizio sontuoso per il finale della serie. Non posso fare a meno di notare però come i giochi di illuminazione, per la voglia di strafare, siano stati portati all'eccesso, col risultato che in questi momenti iniziali, tutte le textures di gioco rilucono in modo sgraziato, e sia il legno che la pietra sembrano avere riflessi di metallo. Capisco l'esigenza di mostrare i muscoli del nuovo hardware in un sequel che si prospetta come rigido update del precedente, ma i grafici dovrebbero tenere a mente che una superficie opaca non è sinonimo di "old generation". E già che entriamo nel tecnico, vogliamo mettere l'ironia di giocare la collection a 1080p e il III a 720p?
#01 - Grecia di plastilina

Si badi bene: non sto vagheggiando un God of War "meno violento" o con "minor azione" o robe simili. Al contrario penso che proprio la cruda impostazione della vicenda avrebbe avuto ancora maggior risalto da un lavoro complessivo di art direction più "rigoroso".
Del terzo GoW nulla da dire sinora, per ovvi motivi, se non che i titoli di testa, che rimandano alle pitture vascolari nere e rosse, sono di grande impatto.
#02 - retrospettiva: fatti e misfatti videoludici sull'antica Grecia








#03 - lunga traversata
Giocare un God of War è impresa lunga e francamente non troppo esaltante dal punto di vista strettamente ludico (affrontarne due di seguito potrebbe avvelenarmi il dente nei confronti della serie, devo starci attento). Non fosse che sono troppo scafato per non capirne benissimo i motivi, mi stupirei di quanto successo ha riscosso questa formula. La carne da macello che si frappone fra Kratos e il suo obiettivo a breve termine (solitamente l'ennesimo scrigno d'energia) è talmente impotente nei confronti dello spartano che sembra volerlo rallentare per lenta consunzione. Oppure, se dotata di scudi, si fa coriacea e impervia alle prese. La ripetitività di questa macellazione è costantemente accompagnata da una colonna sonora sincopata, tambureggiante, al punto che uno è spinto all'uccidere pur che le proprie orecchie possano guadagnarsi un attimo di requie. Le pause contemplative sono rarissime, ma quelle poche sono efficaci - ora per esempio ho lasciato il buon Kratos sul ciglio del tempio di Lachesi, una delle Moire, da dove si gode una vista sui quattro stalloni del fato, non ho capito se debbano essere quelli di Zeus, quelli di Elio, o altri ancora. Belli però.
Il gioco è proseguito senza intoppi - il povero Tifone, nella sua rocciosa maestosità non può reggere il confronto col colosso di Rodi distrutto poc'anzi. Kratos ha donato un po' di meritato riposo a Prometeo. Bivi o tesori troppo nascosti sono tenuti al minimo, è tutto molto streamlined. Questo secondo episodio sembra voler lavorare innanzitutto sul ritmo e sulle dimenzioni ingigantite di chi avete davanti: certo anche Crono era bello grosso, considerato che un intero dungeon poggiava sulla sua schiena, ma la cosa era più un artifizio narrativo mentre sembra che Santa Monica abbia voluto trasformarlo progressivamente in realtà. Le sequenze in volo sul Pegaso mi hanno portato alla memoria un altro classico Amiga, Lionheart, che fu un po' il God of War dei suoi tempi: tecnicamente diverse spanne sopra tutto il resto, con un eroe travagliato (in cerca di una cura per l'amata), grandi combattimenti all'arma bianca e sequenze di volo in groppa a un drago.
Intanto, visto che li ho chiamati indirettamente in causa in precedenza, segnalo i blog (con tanto di succose art galleries) di un paio degli artisti che hanno contribuito maggiormente al concept design della serie: Charlie Wen e Andy Park.
Ah, lamento che qualche dio non abbia regalato a Kratos una reflex digitale (magari una Olympus): la penuria di screenshots decenti reperibili online rende più difficoltoso il diario di bordo.
#04 - Spartani di cellulosa


Lo scontro con Teseo è stato un momento promettente - God of War soffre una cronica carenza di semidei e figure intermedie, e se Kratos ha intenzione di annichilire tutto il pantheon delle divinità, mi sembra appropriato che parta dalla gavetta. Incidentalmente, Teseo ricopre un ruolo chiave in un'altra opera fumettistica che aggiorna il mito greco alla sensibilità contemporanea.

#05 - glorie della continuity

Chiaramente Santa Monica ha goduto di un lusso che altri team non possono nemmeno sognarsi: il successo del primo episodio, la munificenza di mamma Sony, e non ultimo la precisa direzione story-driven delle avventure di Kratos ha fatto sì che la serie non solo fosse organizzata veramente come una trilogia, ma anche che i tempi narrativi potessero essere calcolati al millesimo. Il panorama videoludico è strapieno di "trilogie" dovute al fatto che il successo più o meno fortuito di una serie ne determina la continuazione, ma un arco narrativo coerente che si dipani per più episodi è più raro. Di solito si tenta di avere una storia autoconclusiva e premesse che partono da zero di volta in volta, per agevolare i nuovi venuti.
God of War II invece si concede il lusso di essere un vero e proprio capitolo di mezzo, aprendosi con motivazioni deboli (una nuova, forte "genesi" avrebbe sconfessato quanto già accaduto nel primo episodio) e concludendosi con un ostentato cliff-hanger. La sua struttura interna è apprezzabile in quanto speculare rispetto al primo episodio: laddove avevamo un campione degli dei, adesso abbiamo il prescelto dai titani: l'espediente consente familiarità e progressione al tempo stesso. Kratos entra in gioco con il tridente ottenuto la volta scorsa, e porterà con sé il vello e le ali di icaro su PS3. Combattendo con una delle parche, Kratos rivive i momenti finali dello scontro con Ares.
Nell'anticamera di Cloto, lo spartano passa velocemente davanti a tre pareti affrescate: vi sono raffigurate lo scontro tra l'olimpo e i titani, un'anima sola che contempla uno scenario di desolazione, e infine tre figure che viaggiano inseguendo un astro... La storia è già chiara, Kratos porterà l'olimpo alla rovina e i tre Magi saranno testimoni di una nuova era. Fresco fresco dalla visione di Agorà, immagino che sarà dura gioire della furia distruttiva di Kratos alla fine della giostra xD.
#06 - il falso mito di Kratos, eroe violento
Si è soliti pensare a God of War come a una serie in cui l'azione e la violenza la fanno da padrone. Ed è vero, ma con una riserva: Kratos in fondo ha i cromosomi di Hayabusa, ma anche quelli di Link. Lo spartano che dovrebbe passare tutto il suo tempo a squartare minotauri e decapitare gorgoni, si ritrova a dover tirare una leva praticamente ad ogni passo. Non c'è sezione di tempio che si lasci superare senza prima aver risolto un rompicapo. Lo scontro con Cloto, l'ultima delle moire, è tutto uno spingere leve e azionare pulegge. Insomma, per essere l'incarnazione della furia vendicativa, Kratos spesse volte agisce come Ulisse piuttosto che come Achille.
#07 - vecchi vizi di salto generazionale
Sconfiggere Poseidone combattendolo in groppa a Gaia ed essere scaraventati nell'ade è certo un inizio sontuoso per il finale della serie. Non posso fare a meno di notare però come i giochi di illuminazione, per la voglia di strafare, siano stati portati all'eccesso, col risultato che in questi momenti iniziali, tutte le textures di gioco rilucono in modo sgraziato, e sia il legno che la pietra sembrano avere riflessi di metallo. Capisco l'esigenza di mostrare i muscoli del nuovo hardware in un sequel che si prospetta come rigido update del precedente, ma i grafici dovrebbero tenere a mente che una superficie opaca non è sinonimo di "old generation". E già che entriamo nel tecnico, vogliamo mettere l'ironia di giocare la collection a 1080p e il III a 720p?
Fra le citazioni possibili ci potrebbe stare anche un certo Myth sviluppato dalla grandiosa System 3 su C64 (Spectrum e Amiga).
RispondiEliminaLa mitologia greca è solo uno dei tre ingredienti che danno vita a questa sorta di GoW d’altri tempi (le altre due sono: l’era vichinga e l’antico Egitto). Un minestrone che offre chimere, arpie, ,medusa, hydre e se non sbaglio anche Apollo e Zeus in un turbinio di mazzamazza e qualche enigma.
Zzap! (DIC 1989) gli diede 94% vantando le animazioni degli sprite, i suoni emessi dai nemici e gli enigmi alla Tusker. Non prese nessuna medaglia, ma solo la dicitura di gioco caldo.
Video: ditemi se usare la testa in quel modo non vi ricorda qualcosa xD
Ah sì, Myth, me lo ricordo! Splendida cover fra l'altro, che faceva un po' il verso a Frank Frazetta... che incidentalmente, è passato a miglior vita ieri. Riposa in pace, Frank.
RispondiEliminaLa trovata della testa di Medusa l'avevo proprio scordata, ottima segnalazione Max. :)
A leggerti mi sembra che giocare GOWII ti stia risultando una fatica di Ercole xD Non sembrerebbe così piacevole, ritmato e coreografico come me lo ricordo io :D
RispondiEliminaNonostante abbia giocato la serie spaziata nell'arco degli anni, il 3 l'ho trovato piuttosto... stanco.
Anche perchè condivide la recente tendenza al grigiume e al cupore estetico, sacrificando buona parte della varietà delle locazioni in favore di pochi climax isolati.
Quindi se già ti fiacca metà del secondo episodio, occhio.
God Of War e' in effetti uno di quei titoli che ha la forte tendenza a rimanere piu' bello nella memoria che nel tray della console. Il primo stupi' anche perche' non se l'aspettava nessuno e si piazzava in un genere, l'action adventure, in cui di fatto la PS2 e' sempre stata un po' carente; il 2 era un ampliamento in tutto ma in effetti gia' non faceva sentire il bisogno di un terzo. Detto questo, io ne apprezzai le scenografie fin quando l'ho giocato e i commenti kitch onestamente mi passarono inosservati - sara' che essendo piu' avvezzo all'action di Gambler ormai li filtro come rumore di fondo xD
RispondiEliminaSe poi vuoi il GoW di Pasolini... bhe' c'e' Dante's Inferno xD
Concordo, GoW diventa molto bello quando l'hai finito; mentre avanzi non è divertentissimo come si dice, anzi a volte sembra persino troppo lungo (qui ancora una conferma sull'ipotesi che due di seguito sono pericolosi, anche se me medesimo voleva ugualmente fare questo tipo di maratona, recuperare e trofeare).
RispondiEliminaLa sua grandezza si scopre ricordando l'esperienza passata e soprattutto quando s'incontrano cloni che pur "somigliandovi" non raggiungono certe vette, comprese alcune combo coreografiche citate da xPeter.
Parlando di titoli moderni simili, se non sbaglio dovrebbe esserci anche un certo Conan
E poi Darksiders con la sua Apocalisse che si accosta al genere in questione almeno in una delle millemila componenti rubate all'intero parco videoludico esistente e per il suo essere clone spudorato che neanche negli anni ’90
A proposito di questo titolo è strano che non se ne sia parlato. Oltre alla demo lunga ben mezzora dedicata alla parte alla GoW, nelle fasi avanzate c'è anche l'accostamento a Zelda a cui copia il 60% dei concetti… cioè ribadisco, Zelda. A me la prova non è garbata, motivo in più... insomma chi ha orecchi (a punta) per intendere, intenda xD
Già.
RispondiEliminaGod of War III esteticamente è metal, molto metal... pure troppo.
Sono a metà del primo GoW in HD. Più che per formulare un pensiero decente in proposito, commento per riportare il bel post di gambler fra le citazioni in home. In effetti a differenza del preparatissimo tawernicolo che ha scritto il pezzo, io lo sto vivendo come mero videogioco d'ammazzamazza. Gli unici pensieri che hanno solcato la mia arida mente durante le sessioni possono essere riassunti in un’unica considerazione.
RispondiEliminaLa sua forza l'ho trovata principalmente nell'attrazione a mo' di magnete per l’utente di ferro (o di coccio ferroso nel mio caso). Arrivi al salvataggio, sbirci dietro l'angolo e a quel punto niente riesce a impedirti di spararti un'altra mezzora di viaggio, nonostante dovresti (vorresti) smettere. Una lunga discesa, di corsa giù per il dirupo attraverso un sentiero accidentato. I rovi ti scorticano la pelle, ma più è forte il dolore provocato dalle lacerazioni, maggiore è la foga che metti nell'avanzare, nell’assecondare la forza di gravità che ti attira prepotente verso la metà. Spesso ci s’impantana in un tratto di terreno viscoso; anche in quel caso ostinatamente l'istinto porta a forzare l'avanzata, con la stessa disperata foga di un sub che risale in cerca dell’ossigeno non più presente nelle sue bombole. E come l’apneista per caso, senza le giuste soste per la decompressione si rischia l’embolia, il collasso, con la conseguente lunga riabilitazione lontano dall’azione. Servono delle pause tecniche, se no si finisce come il sottoscritto che ieri è morto centodiecimila volte su delle travi solo perché privo dell’ossigeno che gli avrebbe donato il raziocinio necessario per capire che doveva saltarle quelle dannate lame e non correrci dietro (neppure davanti). Ora in decompressione aspetto di smaltire l’azoto per poi rituffarmi nel penultimo tratto di gioco.
Io sto pensando di recuperare il 3 se lo trovo a due euri da qualche parte. Devo proprio rifarmi un po' la bocca al genere dopo quel cesso di Castlevania LOS.
RispondiEliminaCastlevania LOS non è affatto un cesso, l'ho giocato con piacere.
RispondiEliminaPer certi aspetti l'ho trovato pure più interessante di GOW3.
Fino al golem di ghiaccio e' un cesso, se poi migliora buon per lui ma io raramente do' il beneficio del dubbio. Col nome che porta poi...
RispondiEliminaCol nome che porta poi cosa? :D
RispondiEliminaCastlevania non ha certo un bel curriculum in 3D.
Mi sa che questo è il primo d'una certa consistenza e valore produttivo. Durerà quindici-venti ore, il golem di ghiaccio è giusto l'inizio.
Castlevania non e' un nome che necessariamente si lega a un certo standard qualitativo, piuttosto a una precisa direzione artistica e reinterpretazione orientale di miti e simboli occidentali, un mood che strizza l'occhio all'horror trash, che in LOS non c'e' manco per sbaglio. Gabriel Belmont quanto a espressivita' e' un incrocio tra Marcus Phoenix e Chuck Norris e in assoluto la cosa non e' certo un male ma quando ti fai vanto di cast stellare e score orchestrale poi non puoi pensare di farla franca su ste cose. E Lament Of Innocence era meglio in tutto, tranne ovviamente gli aspetti direttamente correlati ai soldi che ci cacci dentro.
RispondiEliminaPotevi anche giustamente pretendere una trasposizione perfetta della direzione artistica e dello spirito della serie (LOS effettivamente vira per larghi tratti verso il fantasy occidentale), ma il fatto che tale obiettivo sia stato disatteso non rende il gioco un cesso che possa addirittura far perdere il gusto per un genere. Sarà un po' rustico e contadino in certi fondamentali, ma rimane un buon action generoso di contenuti.
RispondiEliminaGow finito. Or dunque cosa posso dire oltre alla considerazione precedente? Partiamo dal making of… dove il leitmotiv del documentario è il rammarico dovuto alla mancanza di tempo, per inserire questa funzionalità, questo livello o un boss come quello palesemente assente nella camera finale dove si trova il vaso di Pandora. Praticamente l’esigenza di finire in tempo un lavoro mastodontico (nell’allora 2005) che secondo me ancor prima dell’inserimento di materiale nuovo, ha impedito quelle limature che avrebbero migliorato l’esperienza rendendola perfetta e non com’è ora in odore di frustrazione. Ad esempio la scempiaggine, presente anche in altri prodotti, che ci vuole maestri di tempismo dandoci fra le mani un alter ego che non può permetterselo. C’è una cassa da portare da un punto all’altro di una stanza dotata di spuntoni pronti a venir fuori dopo un tot di tempo. Già tirare la leva che innesca il meccanismo fa partire un’animazione che si porta via due secondi, quella per agganciare la cassa un altro, per spostarla non si contano ed infine la ciliegina sulla torta l’animazione per salirci sopra e compiere il doppio salto verso l’uscita. Non è divertente perché si percepisce che il problema non sono i nostri pollici e tantomeno i riflessi, ma le azioni che ci chiedono di svolgere, lente e impacciate a causa del PG lento e impacciato in alcuni frangenti.
RispondiEliminaAltra cosa: premesso che i singoli meccanismi collegati fra loro offrono uno schema geniale, bisogna dire che molte trappole sono troppo lunghe; si nota come abbiano tentato di ampliare il gioco con quanto avevano di pronto. Ad esempio una colonna rotante all’uscita dall’Ade ci stava tutta, ma due diventano inutilmente snervanti: ti fa restare dentro altri venti minuti, ma sono solo di bestemmie. E questa sorta di copia/incolla di elementi strettamente legati al gameplay, si sente spesso in diverse situazioni (la lunga attraversata sulle travi o sui rulli rotanti).
In sintesi un gran gioco, ma – poiché ripresentato tale e quale a parte l’alta risoluzione – si mostra acerbo e colpevolmente basato troppo sul un concetto old school di trial&error, portato all’eccesso proprio a causa delle limature mancate. Il secondo lo ricordo molto più preciso; verificherò a breve anche sto giro in HD.
Una nota sui trofei: palma d’oro 2010 per i titoli e l’implementazione. Sono una sorta di valvola di sfogo. Quasi tutti riescono a strappare un sorriso, sono delle "battute", ottime soprattutto grazie al tempismo con cui scattano. Mentre si è tutti trafelati con gli occhi ancora pregni d’odio per lo sbattimento che ci ha appena fatto passare l’ultimo centauro, sentire il "blik" dello sblocco trofeo, sollevare lo sguardo e leggerci “a caval donato…” crea un contrasto tale che è impossibile restare seri.
Ricordo che l'ultima parte di GOW, quella sulle assi che si muovono e si viene assaliti da ondate di nemici sempre piu' strunzi, l'ho odiata dal profondo. In generale si' e' chiaro che l'ultima parte e' stata tirata per i capelli ma si fa giocare comunque grazie al momento costruito nei passaggi precedenti, mentre il secondo capitolo chiaramente ha messo tutte le pezze al loro posto e aggiunto le parti "desiderabili". Per converso ha anche evidenziato "l'inizio della fine", mettendo in evidenza i limiti della formula all'alba di una nuova generazione di console entrante.
RispondiElimina@xPeter, e' un discorso che ho gia' accennato, in questa generazione di "cessi" veri non se ne vedono piu'. Il mio parere pero' e' quello di una demografia ben precisa, ovvero i fan della serie che tra l'altro sono persone piuttosto mature essendo Castlevania una delle piu' longeve tra le IP videoludiche; e se a me le animazioni fuori dai combattimenti, tutto il comparto sonoro e un po' pure il level design fanno venire l'orticaria, poco importa se il gioco trova il suo ritmo dopo perche' queste sono cose che non cambiano, probabilmente e' cosi' anche per gli altri. Dato che, per loro stessa dichiarazione, questo doveva essere il pubblico di elezione per il prodotto di Mercury Steam, la definizione di "cesso" assume consistenza.
Poi il genere a cui mi riferivo non e' necessariamente quello degli action adventure, piuttosto quello dei titoli riempitivi senza infamia e senza lode che si dovrebbero lasciar giocare volentieri tra una hit e l'altra.
Sì GOW ha fatto proprio quel percorso lì, dall'epilogo non beta-testato che si perdonava per il 'sense of wonder' regalato fin lì dal primo episodio, alla sintonia praticamente definitiva operata dal secondo. Poi il terzo ha indugiato su ulteriori potenziamenti tecnici ma non sostanziali, e così facendo ha messo più che altro in evidenza certi limiti "generazionali" della serie, a partire dai fondamentali (la seppur ridotta componente di platforming, ad esempio, risulta imbarazzante su PS3).
RispondiEliminaAnche per questo, alla fine, si percepisce più "giusta" l'ultima edizione PSP, equilibrata, sintetica e proporzionata.
Ho iniziato il secondo capitolo; purtroppo ricordo tutto avendolo giocato molto dopo la sua uscita e l'aspetto che dovrebbe spingere alla nuova traversata era già molto buono su PS2, quindi lo stacco non è così marcato* Non so se riuscirò a reggerlo fino in fondo.
RispondiElimina*confrontato con i ricordi e partendo dal presupposto che questi siano sempre migliori di quanto fosse il prodotto in realtà.
IL GoW 2 l'ho retto fino in fondo. Non me li ricordavo così tristi gli ultimi QTE Il resto, ottimo prodotto, come dicevamo qualche commento fa, il ricordo è leggermente migliore del gioco giocando (infatti ora che ho smesso mi sta piacendo già un po' di più).
RispondiEliminaHanno fatto un gran lavoro, peccato che non sempre la fatica e la professionalità (anche il cuore) messo dentro corrisponda automaticamente alla stessa quantità di divertimento. A volte ti chiedi se abbia senso sbatterti in modo impressionante fra smottamenti di strutture ciclopiche e tira e mola con le leve, solo per far emergere un cazzo di blocco e poter arrivare alla sporgenza che il doppio saltino non ti permetteva di raggiungere.
E poi vogliamo dirlo? Sarà stereotipo, sarà quel che sarà, ma un bruto della miseria come Kratos può realmente avere il numero adeguato di neuroni per risolvere quegli schemi? Cioè sembra più una ruspa che se deve andare da un punto all'altro disintegra il percorso; nelle vesti di bullo non di certo sta lì a studiare la posizione delle mattonelle come potrebbe fare un professore raffinato alla Indiana Jones. Forse avrebbe avuto bisogno di un compagno di viaggio, diciamo "la mente" o un mentore orale più presente della Gaia di sto giro.
Detto ciò, il terzo continua la storia? Da quel punto di vista regge? Nel caso lo giocherei solo per quello, turandomi il naso sulla storia dei bulbi occulari da svasare dalle orbite (il trofeo relativo ai ciclopi presente nel II non l'ho fatto).
Stavo pensando a Scontro Tra Titani come solito film in tema che vedo per mantenere l'atmosfera un pizzico oltre la giocata del momento. In questo caso ovviamente di GoW ^^ Ne sapete qualcosa?
RispondiEliminaDue anni e mezzo dalla rinuncia ho riscaricato il primo GoW, l'unico della serie che non ho platinato (a parte il III che non ho mai neanche iniziato).
RispondiEliminaMi mancavano i trofei che ritenevo più "fastidiosi" e indegni della spesa di vita mia, ma vita mia è deegradata e allora mi tocca.
Battuttissime a parte, sono ripartito dalla sfida degli Dei, in questo capitolo senza salvataggi intermedi, quindi dieci prove di fila. Schifo! :sisi:
Con i suggerimenti dell'internet si riescono a superare in qualche modo, ma l'ultima, quella dannata, è un tormento a prescindere. Dai video non si capiva quanto fosse frustrante, infatti superata l'ottava con l'orda quasi infinita composta da decine di Meduse e Satiri, pensavo fosse fatta. Invece, in quella minuscola piattaforma è stato peggio che giocare alla roulette perché bastava essere agganciati per essere sbattuti fuori senza poter fare nulla, a prescindere dalla tecnica dello spam di questa o quella combo consigliata. Una trentina di tentativi a mo' di bot.
Comunque perseverando se ne esce anche se si è costretti a farla in quel momento a meno di voler riattraversare tutte e nove le prove d'accapo.
Ora avrei quello che chiede di finire in cinque ore la vicenda principale. Non ne sono convintissimo, anche perché non mi ricordo nulla :nono:
A posteriori devo dar ragione al Koji, rileggendo i commenti su LOS adesso che Max ha riesumato il post: come gioco era piuttosto un cesso. Però essendoci rimasto chiuso dentro per quasi 20 ore alla fine m'ero assuefatto al puzzo e ne notavo più che altro i lati positivi :sisi:
RispondiEliminaSto spendendo troppo tempo per metterci poco tempo ad attraversarlo. Paranoia di non farcela entro cinque ore e continua ricarica dei checkpoint per far "più presto" :nono: Devo cambiare tattica
RispondiEliminaAlla fine l'ho platinato. Ho ripassato alcuni puzzle, in caso contrario tra andirivieni vari avrei mancato l'obiettivo a tempo, anche perché mi mancava quello dei potenziamenti che s'è mangnato il margine positivo che ho guadagnato all'inizio.
EliminaL'avevo detto che GoW è un buon gioco quando finisce. Ora spenderei su delle lodi, ma mentre giocavo un paio di sfanculate le ho elargite con generosità :nono: (la colonna di spade da scalare, la cassa da spostare lentissimamente prima ce si alzino gli spuntoni, massa di nemici che a volte non ti facevano muovere da quanto menavano, etc.).
All'appello della prestigiosa coppetta sonara mi manca solo GoW3. prima o poi mi tocca :sisi: