Un giorno di ordinaria follia
(Falling Down, di Joel Schumacher, con Michael Douglas, 1993)
(Falling Down, di Joel Schumacher, con Michael Douglas, 1993)
Un uomo normale, con una vita normale complicatasi dopo ingiustizie tragicamente ordinarie, esce fuori di testa vittima delle angherie della quotidianità.
Se i pazzi, come i bambini, dicono sempre la verità, non c'è osservatore migliore d'un individuo provato dalla routine fino all'instabilità psichica ed emotiva, per evidenziare le nevrosi e le piccole ingiustizie della società.
Memorabile la scena del fast food; William Foster s'imbruttisce per la diversità tra l'immagine promozionale di un cheeseburger alto cinque centimetri, perfetto ed invitante, rispetto alla sua misera, schiacciata e antiestetica controparte reale.
E voi, vi mai siete sentiti turlupinati dall' ingannevole promozione di un videogioco?
Quando vi siete sentiti raggirati dalla discrepanza tra presentazione ed effettivo contenuto?
Quali sono i vostri deprimenti hamburger videoludici?
Il deserto di Uncharted 3
Di quella che sembrava la principale locazione del nuovo capitolo quasi nulla era stato mostrato; lo chateau in fiamme, la nave da crociera e la rocambolesca scena dell'areoporto potevano essere le classiche dimostrazioni che sfoggiano i muscoli senza bruciare il fiore all'occhiello, che avrebbe potuto prevedere i più grossi spunti di gioco o comunque il più imponente sforzo in termini d'ambientazione. Alcune dichiarazioni dello sviluppatore riguardo la sfida della rappresentazione della sabbia e di uno scenario senza confini architettonici completava il quadro all'insegna dell'hype; considerando il notevole balzo qualitativo tra il primo ed il secondo episodio, nonchè il fatto che l'importanza del tema sembrava suggerita dalla stessa box-art definitiva, sentivo d'aver fiducia.
La reazione davanti all'opera compiuta è stata quantomeno di sconforto; il deserto, bramato per numerosi capitoli aridi solo di sorprese, s'è rivelato un sorta di montaggio di cut-scene interattive, in cui il massimo dell'interazione consiste nel mandare avanti il personaggio tenendo inclinato l'analogico nell'unica possibile direzione, fino alla dissolvenza che conduce alla successiva ripresa.
Le stelle, il miraggio, la sete, la citazione a Thomas Eliot: c'è tutto, ma solo in vetrina, pochi minuti di fruizione passiva. Seguivano una stringata, ordinaria sparatoria in un villaggio fantasma, scenario non più ampio della mappa multiplayer già provata in versione beta, e l'inevitabile 'carrellata' all'inseguimento del convoglio nemico.
La delusione di un'aspettativa malriposta non ha condizionato il giudizio su quella che rimane oggettiva povertà ludica, ma può essere di lezione su quanto, in questi tempi di eccesso di informazioni e di esagerata precognizione delle esperienze di gioco, il 'non detto' difficilmente sia da interpretarsi come riserbo strategico sulle migliori risorse - come si dice: 'what you see is what you get'.
Il deserto di Uncharted 3
Di quella che sembrava la principale locazione del nuovo capitolo quasi nulla era stato mostrato; lo chateau in fiamme, la nave da crociera e la rocambolesca scena dell'areoporto potevano essere le classiche dimostrazioni che sfoggiano i muscoli senza bruciare il fiore all'occhiello, che avrebbe potuto prevedere i più grossi spunti di gioco o comunque il più imponente sforzo in termini d'ambientazione. Alcune dichiarazioni dello sviluppatore riguardo la sfida della rappresentazione della sabbia e di uno scenario senza confini architettonici completava il quadro all'insegna dell'hype; considerando il notevole balzo qualitativo tra il primo ed il secondo episodio, nonchè il fatto che l'importanza del tema sembrava suggerita dalla stessa box-art definitiva, sentivo d'aver fiducia.
La reazione davanti all'opera compiuta è stata quantomeno di sconforto; il deserto, bramato per numerosi capitoli aridi solo di sorprese, s'è rivelato un sorta di montaggio di cut-scene interattive, in cui il massimo dell'interazione consiste nel mandare avanti il personaggio tenendo inclinato l'analogico nell'unica possibile direzione, fino alla dissolvenza che conduce alla successiva ripresa.
Le stelle, il miraggio, la sete, la citazione a Thomas Eliot: c'è tutto, ma solo in vetrina, pochi minuti di fruizione passiva. Seguivano una stringata, ordinaria sparatoria in un villaggio fantasma, scenario non più ampio della mappa multiplayer già provata in versione beta, e l'inevitabile 'carrellata' all'inseguimento del convoglio nemico.
La delusione di un'aspettativa malriposta non ha condizionato il giudizio su quella che rimane oggettiva povertà ludica, ma può essere di lezione su quanto, in questi tempi di eccesso di informazioni e di esagerata precognizione delle esperienze di gioco, il 'non detto' difficilmente sia da interpretarsi come riserbo strategico sulle migliori risorse - come si dice: 'what you see is what you get'.
Prima di tutto plauso per l'accostamento. In quella scena c'era dentro anche il concetto d'intelligenza "artificiale" programmata (mettiamo di servire la colazione dopo le undici e trenta - Perché? - Perché smettiamo di servire la colazione dopo le undici e trenta! Perché? ...loop ) comportamenti "bot" in grado di rendere surreale il reale e che soprattutto cozzano con la presunta razionalità umana. Facile immaginare quanta - poca - credibilità possano offrire "gli script" in un eventuale simulato.
RispondiEliminaRiguardo la domanda, avendo vissuto parte dell'era Commodore - anche detta l"Era dei Vecchi" - conosco bene e nel profondo il contrasto tra l'offerta e i falsi positivi; una caterva di risultati che non corrispondevano mai al vero e tali grazie a un patto con se stessi, con gli sviluppatori e pure con qualche psicofarmaco. Ci si convinceva che quel che passava su schermo era quel che ci avevano promesso, a partire dai racconti dei recensori nelle riviste per finire alla copertina che ti offriva il primo impatto col gioco (purtroppo quest'ultimo equivoco è attuale anche oggi, ma è un'altra storia - recente - già raccontata qui attorno). I migliori - peggiori - rappresentati erano proprio i bastardelli che riproducevano le conversioni dei coin-op, quindi videogioco che mimava videogioco, se vogliamo uno sfasamento ancor più doloroso. Tra questi il titolo quello che mi ha segnato dentro è stato After Burner, soprattutto perché ricordo mia sorella più "giovane" di qualche anno, che si levo i soldi dal salvadanaio per regalarmelo dopo che insieme, accompagnati dallo zio di turno (perché i genitori dei nerd non sono mai nerd?), lo vedemmo via coin-op in una sala giochi adiacente la spiaggia (sale giochi pulite, niente droga o accoltellamenti, solo tamarreide a mazzi, ma ai bimbi non toccava). Il risultato, considerando anche la minitv scrausa dove c'avevo attaccato la tastiera-computer, era orripilante anche per chi vantava una certa flessibilità e capacità d'astrazione. Talmente devastante come delusione che ancor oggi nel parlar comune associamo l'inchiappettamento, la fregatura, con un afteraurner (che a pensarci è pure sensato ^^').
Riguardo robe più recenti, e a loro modo più attinenti al discorso promosso dal post, ci penso su, anche se in effetti ho l'impressione che siano meno palesi di quanto s'immagini, forse perché siamo diventati maggiormente capaci di non cascare in certe trappole. Pessimismo e fastidio che dominano, esperienza in un mondo brutto che c'ha imbruttiti.
Ecco, appunto; alla fine anche a me non è venuto in mente nulla di specifico, ho postato comunque proprio perchè mi piaceva l'accostamento xD
RispondiEliminaForse m'è stato ispirato da certi giochi 'minori', di solito DLC, pubblicizzati con artwork seducenti ma in realtà schematicissimi - l'effetto è proprio simile a quello delle copertine dei vecchi giochi.
Ci potrebbe riferire anche a singoli elementi, estetici o di gameplay, di un gioco.
Per dire, ho sempre trovato parecchio deludente lo sprite di Morrigan nei vari Darkstalkers e antologie picchiaduresche Capcom, ogni volta artwork che erano tutto un programma ma poi in-game era sempre fatta dei soliti pixel striminziti xD
Trovato: il deserto di Uncharted 3 D:
RispondiEliminaUna fregatura proprio niente male, come ho fatto a non pensarci prima? xD
Adesso che hai nominato il deserto ho capito che le poche delusioni derivano in parte dalla personale spoiler-fobia; se un gioco m'interessa evito di vedere qualsiasi cosa, infatti di Unchy3 non sapevo quasi niente. Comunque quella promozione è stata un pacco a prescindere, che ha segnato anche altre aspettative come TheLastCoso, citarla ci sta tutto :sìsì:
RispondiEliminaAltra ipotesi: a livello di grafica, quello che vedi oggi si può effettivamente riprodurre in game perciò ci sono meno possibilità che quanto mostrato non corrisponda al vero.
Il motivo in generale credo dipenda da come si è evoluta l'info ludica. Prima era incanalata per la maggior parte attraverso la carta stampata, quindi screenshoot vetusti, promo e chiacchiere. Oggi se t'interessa qualcosa fai un giro su youtube e quando avvii il gioco dalla console hai poco per cui stupirti in negativo. C'è chi ormai alcuni se li "gioca" sul tubo per intero ^^ Forse per trovare titoli da menzionare bisognerebbe sfogliare vecchie riviste, si nascondo lì eventuali contrasti. Ora va a finire che rimpiangiamo le delusioni del passato, più che altro perché si poteva godere durante il lasso di tempo che passava dall'ordine alla portata, vissuto con l'acquolina in bocca. In pratica rimpiangiamo d'aver scoperto che Babbo Natale è solo il ciccione della Coca Cola e non il fatino maGGico.
Per il resto entra in gioco l'evoluzione dell'uomo multimediale. Credo che tra gli esseri cresciuti a pane e imbonimenti non ci sia quasi più nessuno in grado di credere per intero a quanto gli viene propinato, o che comunque non ridimensioni automaticamente, inconsciamente, quanto ingurgita. Si tratta di bugie palesi, un po' come la cosa dell'hamburger. Come si fa a credere alle parole di qualcuno che è stato pagato per andare in tv a giurare sulla bontà di un prodotto, o chi sta promuovendo un prodotto per profitto a prescindere? Siamo fake-vaccinati, quasi immuni. Quando ci caschiamo è solo perché lasciamo spazio all'irrazionalità.
Ecco, di delusione videogiocosa ne ho trovata una anch'io. Il corrispettivo del PG ingame con quello reale in carne (molta) e ossa (poche) di una tizia che lumavo nell'internet; è stato un trauma, a mo' di bienvieniuto nella vita veravera xD
RispondiEliminaBell'idea!
RispondiEliminaCosi' su due piedi mi viene il primo Assassin's Creed, se si puo' considerare il primo video promo CGI come l'haburger posterizzato. Prometteva un vero gameplay "predatore" in cui si deve progettare un assassinio studiando la preda, trovando tempo e modo migliore per colpire e pianificarsi la fuga con tempismo, ma purtroppo una volta preso il pad in mano ci si muoveva tra scialbe missioni scriptatissime e rocambolesche fughe improvvisate (comunque la parte piu' divertente), e poco poteva l'elemento freerun molto ben realizzato e l'ambientazione affascinante.
Se poi vale andare a ravanare indietro nel tempo credo che se ne possano trovare a mazzi, ma adesso non ci ho voglia di pensarci xD
il titolo originale del film è "Falling Down" XD
RispondiEliminacomunque bella l'associazione; nel mio caso dire che l'hamburger videoludico troppo diverso dalla foto che lo presentava fu sicuramente il primo Tomb Raider, presentato da tutte le parti come il messia e, pad alla mano, era di una scomodità devastante da giocare. La mia fortuna fu che almeno non lo pagai perchè lo giocai a scrocco, visto che io all'epoca la PS1 non l'avevo..
Infatti, e tra l'altro il protagonista si chiama Bill, non John. Devo cambiare fonti xD
RispondiEliminaHo aggiornato con le dovute considerazioni su un caso specifico :D
RispondiEliminaTi aveva suscitato orticaria già il Tibet del capitolo 2, immagino che in questa parte a momenti ci morivi per davvero per arsura di gameplay xD Uomorismo a parte, sono dalla tua anche a sto giro, nonostante la mia anima da uomo di-senZazioni, o proprio per questo. Senza neanche bisogno0 di entrare nei particolari, basta citare il timore misto a disgusto quando ero prossimo a doverla riapprocciare al terzo giro, soprattutto quando si è in quella fase dove si tenta di tirar fuori, fruire, solo del distillato della giocata.
RispondiEliminaNon posso aiutarti riguardo l'effetto cartellone del panino al cartone che inganna, non avendo vissuto gli spoiler precedenti al day-one. La copertina di per se non mi diceva moltissimo. Diciamo che non me l'aspettavo, ma - giusto per giocare con gli elementi - è stata una doccia fredda, nel senso che per arrivare a quel momento si è costretti a vivere una delle situazioni più intense e adrenaliniche del gioco, quindi carichi d'adrenalina l'effetto mehhh è stato ingigantito.