Quando la stagione arida non permette la nascita di frutti di una certa qualità, puoi sempre dedicare il tuo tempo a preparare le cassette che li conterranno. Più o meno è questo lo scopo che inseguo in questa calda estate proponendo post e “virtuali” etichette che potrebbero dar vita ad un possibile filone… non per forza, ma intanto costruire qualche box può essere divertente. Questa volta si va di cose imparate, apprese, guadagnate durante il rapporto con i videogiochi e tutto ciò che li riguarda.Mi sono iMpArAtO…
… che la presenza di un perché deve essere ragionevole. Che nonostante la sua unicità e la difficoltà di una sua ricerca, può risultare divertente. Che l’importanza non si trova nel misterioso contenuto della scatola, ma nel modo in cui è confezionata e si arriva ad aprirla. Che una degna risposta ha bisogno di un’altrettanto degna domanda e che una parziale risposta non è un messaggio carente, ma solo una parte del tutto.
[Il senso unico – e le indicazioni per percorrerlo - nei casi di un Phoenix Wright]
… che molto del divertimento si può trovare nella sofferenza fittizia, nella difficoltà dello scopo, ma solo quando sei in grado di sopportarne il peso; anche considerando l’età e gli acciacchi che possono colpire il fisico rendendolo meno adatto a delle azioni che richiedono una certa forza come quella possibile durante la precedente condizione di giovine robusto
[L’accettazione di un’improvvisa regressione nei confronti di un “arcade game” e non solo, d’altri tempi e la sua difficoltà elevata che rende l’oggetto delle nostre attenzioni improvvisamente inaccessibile]
… che gli CHEAT non sono sempre “trucchi” utili a fregare il sistema, ma importanti parametri nascosti atti a rendere l’esperienza personalizzata, a confezionare un vestito su misura e quindi più appropriato e confortevole. Che ci vuole una grande intelligenza e strategia per utilizzarli riuscendo a mantenere un giusto equilibrio fra sofferenza e soddisfazione. Che può esistere una taglia personalizzata, un jeans che si sceglie in base all’equilibrio ottenuto miscelando adeguatamente parametri – finalmente liberi - come confort, estetica e funzionalità.
[L’intervento di un sarto atto a modificare l’orlo di un pantalone troppo lungo o un cavallo troppo stretto di un capo di prestigio preconfezionato... azioni invasive intese come una cosa buona e giusta]
… che la parsimonia e l’accumulo di risorse è un fattore importante purché non sconfini nell’ossessione. Che gli oggetti hanno un valore indefinito che oltretutto muta nel tempo.
[Nello sbattersi per un qualcosa bisogna considerare il prezzo necessario per ottenerlo inserendo parametri diversi dalla sua sola esistenza e dell’irrazionale voglia di possederlo. Esiste anche il parametro "tempo" che interferisce con il risultato finale e non di poco, sia nei confronti dell'acquisizione in se che per la durata del piacere di essere riusciti ad averlo]
… che per godere di un’avventura bisogna diventare complici del suo ideatore. Che prima di accusare l’organizzatore di un cattivo tour nei mondi digitali, occorre stabilire quanto si è responsabili a livello personale nei confronti del fallimento dell’impresa. Che il videogioco ti chiede di assaggiare, di entrarci in contatto, di annusarlo, di aiutarlo ad esistere, di collaborare alla sua realizzazione (pur con mansioni di molto inferiori a quelle di chi gli ha dato i natali). Che si tratta di un prodotto particolare, diverso dai suoi simili (film, libri) identificabile nella stessa differenza che passa fra una pizza pronta acquistata in pizzeria e una versione in scatola da preparare a casa. Che sei complice del risultato e quando vai a giudicarlo devi considerare le tue abilità culinarie e il fatto che non tutti i palati sono identici e in grado di riportare alla parte senziente del proprio essere le medesime informazioni, soprattutto quando prive della consapevolezza che in qualche modo si è parte di esse
[Nel rapporto con qualcosa con cui s’interagisce, non fare gli gnorri scordando che si è parte – e possibili responsabili - del risultato finale]
… che l’incipit è rilevante e deve essere ben studiato e realizzato. Che il solo incipit perfetto non basta, anzi proprio la sua eccellenza spesso può portare più danni che benefici.
[Bioshock come una ragazza che si mette un vestito elegante e attillato, che ti ammicca facendoti intendere cose ben diverse dal voler essere accompagnata in macelleria per biscottare la cotenna di un cinghiale a colpi di cannello]
Ma gli ultimi due punti non si contraddicono? XD
RispondiEliminaHai ragione Koji non ci avevo pensato, c’è qualcosa che non va nel vederli uno sotto l'altro ^^” però forse più che avere due cose che si contraddicono sono due mezze verità che confermano quella assoluta delle colpe reciproche… non sono riuscito a lasciarmi andare e diventare complice dell’amazzone 'sassina e con Bioshock sono andato in bianco, ma non ci sono riuscito per colpa del suo vestito attillato e del cannello che aveva ben nascosto nascosto nella borsa… qualcosa del tipo "ci si merita a vicenda" ^^
RispondiElimina… acc è incredibile, con i videogiochi non mi finisco mai di impararmi :D