sabato 27 ottobre 2018

[L'angolo di Vic] Deep Space Waifu: FANTASY, Wild Guns Reloaded, The Tiny Bang Story

di VicRattlehead


Torna uno dei miei giochi trash per eccellenza preferiti con un nuovo capitolo (del primo vi avevo parlato qui) che di nuovo non ha praticamente nulla se non una pseudo world map in stile Mario 3 che è talmente posticcia da poter essere disattivabile ed il gioco “attraversabile” con la vecchia interfaccia pseudo-Tinder (si può switchare dall’una all’altra con un tasto, per dire); cambiano i nemici ed i power up ma il gameplay rimane invariato, è semplicemente tutto reskinnato a tema fantasy, di fatto avrebbe potuto essere un dlc del capitolo precedente se non fosse che ha grossomodo la medesima quantità di contenuto e viene quindi venduto a parte, gradevolmente ad un prezzo leggermente più basso.
Se interessa la serie vale l’acquisto, se non interessa questa produzione non vi farà cambiare idea.



Riedizione del vecchio titolo arcade di Natsume che venne giocato da molti tramite un’ottima conversione su SNES che ora è diventata costosetta da recuperare; questa nuova edizione oltre a riproporre una veste grafica rinnovata con supporto ai 16:9 e 60 fps fissi porta anche alcune aggiunte come due nuovi personaggi giocabili extra con il loro stile peculiare che rinnova l’approccio alle meccaniche di gioco ed alcuni nuovi livelli che inspiegabilmente spuntano fuori -purtroppo al posto di alcuni livelli base- ai livelli di difficoltà più alti (originariamente non presenti). Non mancano classifiche online, trofei e multiplayer, purtroppo solo in locale; questa edizione del gioco è sicuramente ottima ma purtroppo è il gioco a non funzionare: i controlli sono tarati che se ci si muove non si spara e se si spara non ci si muove, c’è un roll ma spesso costringe a ricentrarsi il mirino ed è un discreto incubo, anche e soprattutto perché si viene costantemente soverchiati dal fuoco nemico e per procedere è vitale recuperare i bonus a cui bisogna ovviamente sparare mentre si evita il fuoco nemico (che costringe a non farlo); la conseguenza è un trial&error sfrenato dove in livelli cortissimi da 5-10 minuti si muore un’infinità di volte perché, anche imparando i pattern di gioco, rimane proprio materialmente difficile riuscire a portare a termine la singola missione; il tutto è scriteriatamente complicato dal fatto che il gioco ha il famigerato one hit-kill e che ad ogni morte si ricomincia il livello daccapo (i continue permetto di fatto di riprendere dal livelo raggiunto tenendo conto di quelli completati, visto che sono selezionabili), rendendo il gioco MOLTO difficile da completare, tanto che i trofei della versione PS4 da me giocata hanno praticamente tutti percentuali di sbloccaggio a singola cifra..
Per chi vuole provare a misurarsi con il gioco rimane sicuramente un buon modo per farlo, il punto è che io mi domando se ne valga effettivamente la pena.



Un indie piuttosto popolare in passato che è datato addirittura 2011 che di fatto riprende la formula di iterazione basilare con lo scenario dei Samorost degli Amanita Design (ma con uno stile che ricalca più i Machinarium, sempre degli AD) ma cercando di approfondire le meccaniche aggiungendo dei puzzle, prendendo per certi versi una strada simile a quella intrapresa dagli hidden object game “premium” più recenti, tipo quelli di Artifex Mundi; la cosa funziona ma il contesto è appena accennato ed il gioco si completa in 3-5 ore durante le quali l’attività che farete per la maggiore sarà il pixel hunting.
È un prodotto gradevole e vale la pena provarlo anche solo per lo stile che lo caratterizza ma a mio avviso lo schema ultra-basilare alla base del titolo risente il peso degli anni rendendo l'esperienza poco memorabile sulla lunga distanza, motivo per cui vi consiglierei piuttosto di provare prima la sua fonte di ispirazione.


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