lunedì 21 marzo 2016
[diario di bordo] Street Fighter V
#2: A true saint
Sono passato da Laura a Dhalsim, che è tutto un altro paio di maniche (parecchio slabbrate, nel caso). Quando gira bene, ovvero si riesce a mantenere l'avversario a distanza con st. MP e st. MK, anticipandone i tentativi di jump-in con cr. MP, b+MP, yoga fire o scivolate, per poi cercare di sparigliare con gli yoga float e sorprenderlo con i teleport, dà una bella sensazione di controllo.
In generale si dispone di ottimi strumenti per contrattaccare chi abbonda coi proiettili e zonare metodicamente i grappler più grossi.
Il danno che si procura in media non è elevatissimo e non può mai scaturire facilmente da un proprio jump-in azzeccato, per cui bisogna tenere il ritmo ed aver buona lettura dell'avversario per lunghi periodi. Basta una piccola disattenzione in fase difensiva, su tutte sbagliare la scelta o il tempismo dell'antiair in reazione ad un jump-in repentino, perché l'avversario possa punirti di counter, lasciarti al tappeto e poi farsi sotto impazzando con mix-up ravvicinati spesso a base di prese e overhead, da cui si può fare una grandissima fatica a tirarsi fuori, specie senza reversal o mosse scudate e con salto\walkspeed tanto lenti; in quest'ottica l'uso della v-reversal diventa importante, ma ho perso il conto delle volte che mi è stata battuta da un grab - insomma, mai come con Dhalsim si gioca sul filo del rasoio, ma è ciò che insieme all'atipico moveset lo rende particolarmente divertente.
C'è da dire che il mero DS4 comincia a diventare un po' stretto come controller, la croce digitale è piuttosto legnosetta e tende a propiziarmi cruciali errori di esecuzione specie nello yoga teleport, la cui variante più insidiosa si effettua prolungando il classico movimento a Z dello shoryuken con la diagonale alta.
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