mercoledì 11 febbraio 2009

Inglese sì, inglese no, inglese gnamme

Come sempre il chiacchiericcio del nostro videoludimondo va a ondate con argomenti che si ripropongono puntualmente, oltretutto nella stessa forma. In questi giorni il pretesto è Chono Trigger e la sua riedizione DS offerta – a detta di molti - senza una localizzazione linguistica adeguata (niente italiano e spagnolo). Nelle comunità la conversazione a riguardo diventa spesso simile alla canzone di Elio parafrasata nel titolo, con luoghi comuni a rincorrersi in una girandola di pro e contro che possono essere considerati discutibili in ugual modo. Di seguito un rapido sunto sulle affermazioni più comuni.

C'è Tizio che apre una discussione lamentandosi della mancata traduzione di Chrono Trigger.
C'è Caio che gli spiega come sia giunta l'ora che "s'impari" l'inglese come lui "se l'è imparato" da solo a suo tempo con tutti gli altri RPG che sono preceduti, concludendo il suggerimento con la descrizione dei vantaggi che ricaverà dal nuovo idioma acquisito (solitamente esponendo la questione attraverso un italiano approssimativo e dimostrando nei fatti che per lui la lingua madre conta davvero poco o niente).
C'è Sempronio che appoggia Caio ampliando il discorso con la questione della difficoltà oggettiva nel realizzare una traduzione videoludica e di quanto siano alti i costi di localizzazione (a prescindere dal fatto che li conosca realmente o meno).
Ci sono i sostenitori di Tizio che in coro affermano che i costi non c'entrano niente: cosa mai servirà per tradurre due colonne di testo... pure gli XXX l'hanno fatto e aggratis. E poi proseguono non si spiegherebbe il motivo per cui la cartuccia senza traduzione costi come quelle tradotte. In tutta questa storia – continuano altri della stessa frangia - esiste solo un colpevole: la casa innominabile di distribuzione italiana più odiata in Italia (affermazione che ha una sua logica, ricordando il saggio popolare che ha dentro un giardino, l'erba e il vicino).
Alcuni outsider rinfocolano l'ultima teoria però in quanto ultranazionalisti spostano l'attenzione sulla casa madre straniera del prodotto (la SquarEnix in questo caso).
Altre voci tentano di offrire una motivazione valida che giustifichi la scelta infelice, di solito con affermazioni dal retrogusto amaro quanto può esserlo un'autodenuncia: non lo traducono perché in Italia piratiamo! Non lo traducono perché in Italia siamo videludicamente ignoranti e di RPG d'autore non capiamo una mazza: tutti a comprare Giulia passione! Non lo traducono perché tanto il testo non verrebbe letto da nessuno, in quanto gli italiani sono un popolo allergico alla parola scritta. Non lo traducono perché in italiano certe affermazioni non avrebbero lo stesso significato dell'originale (err.. qualcuno bofonchia giustamente che l'originale non è in ammerikano, ma viene bellamente ignorato, se no la polemica si spenge e finisce il divertinglese). Non lo traducono perché il loro guadagno intenzionale deriva dalle cartucce ammeriKane: disseminarne qualcuna nel mercato nostrano implica tentare una carta extra, perché si tratterà di una copia in più venduta senza alcuno sforzo aggiuntivo.
Più tardi arriva anche un certo CaioLee a cazziare - fuori tempo - i sostenitori della scelta pro-inglese, soprattutto quando la giustificano sostenendo che la lingua d'Albione dovrebbe essere madre di ogni conversazione. Un prodotto – sbotta – quando si decide d'importarlo in un Paese straniero, deve essere preparato affinché possa essere usufruito dal popolo a cui si è deciso di venderlo: la lingua è uno degli elementi su cui intervenire, così come s'interviene sulla tensione elettrica per l'hardware o con delle modifiche affinché risulti adeguato alle norme del Paese in cui s'intende distribuirlo. Per un prodotto d'intrattenimento una localizzazione in idioma indigeno locale è fondamentale. Come premesso CaioLee arriva fuori tempo massimo e non se lo fila nessuno (forse perché è la quinta volta dopo Okami, TWEWY, FFT A2, Crystal Chronicles, che copincolla lo stesso messaggio) e contrariato si mette in attesa dell'ennesimo prodotto privo di localizzazione linguistica grazie a cui potrà copincollare ancora una volta il suo scarno pensierino sull'argomento. Poi si ricorda dell'esistenza di un blog amico dove poterlo piazzare per ingannare l'attesa, e ve lo piazza.

Nota: nonostante il "corsivo" si tratta di un'interpretazione dei pensieri: nessuna citazione diretta, ergo, l'associazione con fatti e personaggi realmente esistenti è da considerarsi del tutto casuale.

10 commenti:

  1. Che ne dite di "non lo traducono perché l'Italia è un mercato piccolo e residuale, e si vendono pochi giochi"?

    Ad ogni modo, non tirerei la croce addosso a Square Enix che in fondo ha tradotto in italiano tutti i FF tranne il settimo. Se ha deciso altrimenti nel caso di CT si sarà fatta i conti in tasca e avrà visto che la cosa non è particolarmente redditizia.

    Chrono Trigger è disponibile in inglese da quindici anni e dei fan appassionati l'hanno tradotto anni or sono in italiano, mi dicono bene (come sovente con le traduzioni frutto della passione). La traduzione italiana, con gli adeguati mezzi, è anche fruibile su portatili (DS, PSP, GP2X)... Quindi la polemica è in questo caso più sterile che in altri (vedi TWEWY etc.)

    Comunque bravo, hai sintetizzato il rimpallo delle argomentazioni e controargomentazioni in modo egregio.

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  2. Chrono Tirgger non è localizzato in italiano? E neanche TWEWY? :O

    Personalmente sono con CaioLì, ogni elemento che avvicina il prodotto al consumatore è giusto ed è un errore non inserirlo - leggi: poi non vi lamentate se il vostro prodotto non vende.
    Non è questione di argomentazioni a favore o contro, è questione di come si commercializza un prodotto maturo. Come al solito rilevo che il videogiocatore è forse l'unica categoria di consumo che va contro sè stessa.
    Non mi risulta che una localizzazione costi cifre improponibili; anche le considerazioni sul mercato italiano lasciano il tempo che trovano, perchè per acquisti siamo il terzo mercato d'Europa. Sulle argomentazioni dei baroni dei jrpg soprassiedo, certa gente aspetto solo che si estingua...
    Continua a stupirmi che si localizzi Tekken e i vari Chrono Trigger rimangano in lingua inglese se va bene (che per inciso, in Europa non è così diffusa come si possa pensare, tedeschi francesi e spagnoli non lo sanno certo meglio di noi). L'unica vera spiegazione che trovo è che ancora le SH non hanno imparato a gestire i prodotti che hanno tra le mani: finchè si tratta di pubblicizzare l'ultimo action auanagana tutto fila liscio, quando hanno per le mani qualcosa un minimo più raffinato diventa carne da macello e poi giù a lamentarsi che "il mercato non riceve", Okami docet. Certo è che da Square Enix questi errori madornali non ce li si aspetterebbe, evidentemente questo porting è fatto davvero solo per cassa.

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  3. Scrivo due righe perché sono di fretta; eventualmente integrerò e/o rivisiterò in seguito.

    Non credo che l'Italia abbia un volume di vendite irrilevante a livello europeo; anzi, il dato fornitoci da Koji mi sembra plausibile.

    Mi permetto, comunque, di esporvi le seguenti supposizioni su fattori che ritengo concorrere non indifferentemente alla situazione.
    In Italia, quella del videogioco è un'industria ritenuta culturalmente e – uso questo termine con un'accezione ambigua – economicamente… illegittima, composta in nettissima prevalenza da meri avamposti logistici di publishing. Ne risulta la mancanza di servizi linguistici validi – imprese e studi specializzati, percorsi formativi caratterizzanti – esterni alla SH, che non può quindi ricorrere efficacemente ad un legittimo outsourcing; la sede locale della SH deve quindi costituire un proprio gruppo di lavoro, cosa che comporta degli svantaggi eventualmente aggravati dalla tipologia di videogioco.
    Comunque, non è solo la fattiva assenza dell'operatore ad incidere negativamente sull'offerta al consumatore: mi sembra che sussista una vera e propria afasia, una mancanza di comunicazione, tra gli ambienti accademici, artistici e l'industria italiana del videogioco. Abbiamo una tradizione linguistico-letteraria importante, un organico… beh, concretamente, un breve esempio: abbiamo doppiatori eccelsi, eppure, più o meno invariabilmente, i doppiaggi in lingua nostrana non brillano certo.

    P.S.
    Se non ricordo male, un mio conoscente lavora come traduttore dal giapponese all'italiano nell'industria videoludica; potrei cercare di contattarlo, se siete interessati a conoscere le sue opinioni in merito.

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  4. Beh, se l'italia è il terzo mercato d'Europa evidentemente c'è qualcosa che non va con l'Italiano. I giochi di questi tipo hanno di solito due sbocchi: 3 lingue o 5 lingue. Il formato a 3 lingue è sempre Inglese-Francese-Tedesco: ora escludendo la lingua inglese per ovvie ragioni, prendono le altre due in ordine di importanza, il che fa sì che "arrivare terzi" significhi comunque non salire sul podio (Ing. + altre 2).

    Ad ogni modo col passaggio da GBA a DS i giochi in versione a 5 lingue sono aumentati considerevolmente. Non volevo spezzare una lancia in favore di Square - possiamo tranquillamente considerarla una scelta miope, ma resta il fatto che non dev'essere stata presa senza una riflessione dal momento che il Dawn of Souls, i titoli della serie FF for Advance, e i remake III e IV DS godono tutti di una traduzione italiana, e sono cartucce recenti.

    Ma, ripeto: il gioco in italiano esiste da anni. Fortunatamente non si imbriglia il popolo dei fans. Aspettarsi che l'edizione DS abbia la traduzione italiana è un po' come aspettarsi che le rom della Virtual Console siano rimaneggiate.

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  5. Beh però il VI per GBA l'hanno tradotto in italiano e neanche male, ed è uscito in tempi in cui il GBA era già bello che sepolto specie in EU.
    Il tuo non era spezzare una lancia e la mia non era necessariamente un'accusa, per lo meno non al "malvagio impero giapponese che ignora i giocatori italici" quando a una politica di gestione del prodotto tout court. Proprio perchè ci sono dei precedenti questa scelta è difficile da spiegare.
    L'escamotage delle traduzioni amatoriali lo trovo sempre eccessivamente macchinoso per l'utente medio (figurarsi per l'utente "casual"), ma quantomeno con un emulatore su pc ci si gode l'audio originale.

    Riguardo al discorso di Andrei, personalmente ho sempre considerato un team interno di localizzazione un vantaggio... probabilmente perchè io ho in mente SCEI e tu Bethesda XD Non puoi che avere ragionissima sulla considerazione del videogioco in ambienti artistici e accademici, ma chetelodicoafare... Si impegnano di più i cronisti sportivi a fare le telecronache per PESn^2 che non doppiatori anche celebri a doppiare un personaggio di un videogioco.

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  6. A dire la verità, il gruppo di traduzione di Oblivion era esterno.
    Comunque, la mia non era sfiducia nei confronti di un team interno alla SH, anzi. Semplicemente suppongo che, a livello aziendale, sia per certi versi più complesso da gestire e meno conveniente, specialmente in una prima fase di approccio al mercato nazionale.
    Certo questo discorso non vale per Square… Però, ecco, se ci fossero a disposizione i terzi, credo che Chrono Trigger sarebbe stato tradotto.

    Sottolineerei anche che, industrialmente parlando, a rendere eccelso il doppiaggio italiano non sono i pur numerosi personaggi di spicco, ma la vera e propria cornucopia di voci anonime ma capaci di cui disponiamo.

    Per quanto riguarda la considerazioe culturale ed accademica del videogioco, puntualizzo: non intendevo scadere nel solito refrain "i videogiochi sono arte", ma indicare come l'effettivo valore dell'industria (in logica di mercato, in presenza di un'industria attiva è conveniente e scontato che si creino servizi mirati a soddisfarne le necessità) è, per qualche ragione, ignorato.

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  7. Nel complesso mi sembra che facciate un discorso validissimo, anche mettendo insieme le conclusioni apparentemente discordanti. E personalmente posso anche essere d'accordo sull'esistenza di motivazioni plausibili per decidere di non tradurre un titolo, dal piegarsi alle leggi di mercato che vogliono un tornaconto come primo - e spesso unico - motivo per distribuire prodotti videoludici, alla difficoltà oggettiva di reperire professionalità realmente valide quando non addirittura un problema "logistico culturale" vero e proprio come accennava Andrei.

    Però ci tengo a ribadire che secondo me il problema (perché è un problema) è che si tratta di una scelta, una volontà precisa dove di contro il tradurlo significherebbe seguire il percorso più ovvio. Cioè, non si tratta di una decisione che eventualmente deve essere presa pensando di effettuare un gesto improntato alla valorizzazione di un prodotto, ma si tratta proprio dell'opposto, ossia il decidere di non tradurlo, di sminuirlo, di castrarlo, insomma di togliere qualcosa volontariamente, di non allegarla "che tanto va bene lo stesso".

    Si tratta dell'assenza dell'ovvietà di offrire un prodotto fruibile a tutti, un modo di pensare del tutto inconcepibile, ad esempio, per altri prodotti d'intrattenimento letterari, cinematografici (a prescindere dalla qualità finale: la priorità è sempre quella di renderli fruibili). Nei videogiochi la comprensione del testo sembra sia ancora considerato un plus, un superfluo, spesso persino da noi stessi come accennava Koji.

    Poi non so come stiano realmente i fatti (soprattutto chi decide cosa – Halifax, Square Enix - quando, come e perché). Posso immaginare, dagli esempi visti in questi anni, che un Dragon Quest 8 abbia avuto successo anche grazie al testo comprensibile, o Final Fantasy 8 più del 7, o imhociofeche gratuite come Metin online, ma anche che siano stati tradotti proprio perché s'immaginava l'avrebbero avuto. A prescindere da tutto, continuo a pensare che non offrirlo nella lingua della nazione in cui si decide di venderlo sia un'anomalia non da poco, al pari di un'ipotetica volontaria distribuzione di una pellicola moderna in scarso bianco e nero perché - per dire - in Turchia venderebbe poco o si troverebbe a girare nelle case di chi con accrocchi tecnici da quel B/N riuscirebbe comunque a ricavarci i colori.

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  8. E' un mondo spietato, max. La lineup Square-Enix su PSP è tutta priva di traduzione in italiano: gli Star Oceans, FFT, Valkyrie Profile, i due Final Fantasy (che assurdamente avevano già una traduzione italiana realizzata su GBA)... L'unico che ci giurerei hanno tradotto è il Crisis Core. Estrema cura nei confronti del brand "FF" a scapito di tutto il resto, oppure realistica scelta di tradurre l'unico titolo di fatto sviluppato ex-novo fra quelli menzionati?

    Front Mission ve lo ricordate? Altro classico del Super Nes (1995), è arrivato ufficialmente in inglese solo su DS, nel 2007. In quel caso la scelta di Square-Enix è stata anche più drastica - il gioco non è mai uscito in europa.

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  9. Dobbiamo ammettere, tuttavia, che in materia di accessibilità linguistica la vecchia Europa è viziata oltremodo.
    In questo senso, maxlee, quello che tu dici può non essere vero; specialmente in certi contesti nazionali che, per quanto differenti dai nostri, rappresentano modelli funzionali validi.

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  10. Nei forum la questione è ancora calda: ho letto due affermazioni che mi erano sfuggite, le riporto di seguito "a pelle" così come ho letto e riportato il resto, cioè senza citarlo direttamente.

    1) Sull'esempio che ho fatto con libri&film: per il videogioco non si tratta solo di tradurre delle frasi in lingua diversa, ma di doverle inserire in un software che una volta modificato avrebbe bisogno di una nuova e verosimilmente lunga fase di post produzione. Se una traduzione amatoriale può permettersi di utilizzare degli utenti come beta tester, rischiare un bug in un prodotto in vendita sugli scafali può ledere e tanto la reputazione di una casa di produzione.
    Ma anche no, perché a pensarci anche un libro ha bisogno di una fase di revisione non indifferente, o un prodotto cinematografico sottoposto a doppiaggio.
    Per chiuderla corta, in un ipotetico processo alle intenzioni Halifax Square Enix, non saprei bene se questo fatto andrebbe a discarico degli imputati o utilizzato per rafforzare l'accusa.

    2) In Francia è obbligatorio tradurre: l'ho letta su TFP e non avevo voglia di cercare i dati del mio account per entrare e chiedere chiarimenti, però mi ha colpito e in un modo o nell'altro dovrò approfondire. Mi sembra un fatto non da poco.

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