
Da dove cominciare? Probabilmente dai dialoghi, così piatti e stereotipati da non riuscire a lasciare il segno nemmeno in una singola battuta. Presagio del cattivo di turno: "loro stanno arrivando, vi uccideranno tutti". Risposta del protagonista: "chi sono loro?". Sembra il frutto della scrittura di un adolescente che dopo l'ennesimo film di paura si cimenti in una emulazione ingenua dei caratteri topici.
Con così poco di interessante da dire, era impossibile che a livello interpretazione le cose si mettessero meglio; facce spaurite e un sacco di espirazioni trafelate accumunano nella prevedibilità tanto le figure principali (vedi Josh Hartnett nella parte dello sceriffo-troppo-giovane-per-avere-la-giusta-credibilità) quanto i comprimari, senza che emerga un episodico guizzo di personalità.
Arriviamo ai mostri; difficile ricordarsi di vampiri meno motivati, carismatici e disturbanti di questi. Non sono certo bastati un incarnato pallido, denti aguzzi e muso perennemente imbrattato di sangue a compensare la vacuità di simili, poco inquietanti presenze, dalle facce ottuse e la tendenza gratuita al digrignamento delle fauci in favore di camera. Cosa siano andate a farci poi delle creature perennemente assetate in una comunità artica di un centinaio di anime è un mistero che gli autori della pellicola si sono guardati bene di spiegare e constestualizzare in maniera esauriente, con buona pace del fumetto d'origine.
Litri di plasma, decapitazioni e sbudellamenti assortiti sono all'ordine del giorno, mostrati con dovizia di particolari, ma l'atmosfera, la tensione emotiva, la coerenza e l'empatia nei confronti delle vittime sono così latitanti che l'effetto finale è pressochè da sbadiglio; mancano del tutto quei giochi di luce ed ombra che normalmente hanno la bontà di generare ansia nel loro celare parzialmente gli eventi.
Rimane la regia, arrancante, lenta e monotona nei momenti di stasi per poi diventare frenetica fino all'irritante nelle scene d'azione, spesso realizzate in una sorta di fast-forward dalla dubbia efficacia. La cosa più impressionante in negativo è che l'idea di un interminabile mese passato tra stenti, gelo e terrore in un paesino infestato da abomini non è stata affatto restituita; il montaggio trasmette la sensazione che, in contrasto con l'eccessiva durata del film, siano passate al massimo alcune ore tra l'inizio e la conclusione della vicenda (dal tramonto all'alba, per così dire), con il risultato di un classico fattore survival andato a farsi benedire - se l'artificio fosse voluto, non se ne colgono comunque i frutti.
30 giorni di buio non riesce mai a conquistarsi un perchè; psicologico, sottile, perverso, malato, opprimente, immaginifico, ricercato, alternativo, trash, divertito, decerebrato, dirompente, spettacolare: scegliete voi quale aggettivo riesca meglio a non qualificarlo affatto.
Con così poco di interessante da dire, era impossibile che a livello interpretazione le cose si mettessero meglio; facce spaurite e un sacco di espirazioni trafelate accumunano nella prevedibilità tanto le figure principali (vedi Josh Hartnett nella parte dello sceriffo-troppo-giovane-per-avere-la-giusta-credibilità) quanto i comprimari, senza che emerga un episodico guizzo di personalità.
Arriviamo ai mostri; difficile ricordarsi di vampiri meno motivati, carismatici e disturbanti di questi. Non sono certo bastati un incarnato pallido, denti aguzzi e muso perennemente imbrattato di sangue a compensare la vacuità di simili, poco inquietanti presenze, dalle facce ottuse e la tendenza gratuita al digrignamento delle fauci in favore di camera. Cosa siano andate a farci poi delle creature perennemente assetate in una comunità artica di un centinaio di anime è un mistero che gli autori della pellicola si sono guardati bene di spiegare e constestualizzare in maniera esauriente, con buona pace del fumetto d'origine.
Litri di plasma, decapitazioni e sbudellamenti assortiti sono all'ordine del giorno, mostrati con dovizia di particolari, ma l'atmosfera, la tensione emotiva, la coerenza e l'empatia nei confronti delle vittime sono così latitanti che l'effetto finale è pressochè da sbadiglio; mancano del tutto quei giochi di luce ed ombra che normalmente hanno la bontà di generare ansia nel loro celare parzialmente gli eventi.
Rimane la regia, arrancante, lenta e monotona nei momenti di stasi per poi diventare frenetica fino all'irritante nelle scene d'azione, spesso realizzate in una sorta di fast-forward dalla dubbia efficacia. La cosa più impressionante in negativo è che l'idea di un interminabile mese passato tra stenti, gelo e terrore in un paesino infestato da abomini non è stata affatto restituita; il montaggio trasmette la sensazione che, in contrasto con l'eccessiva durata del film, siano passate al massimo alcune ore tra l'inizio e la conclusione della vicenda (dal tramonto all'alba, per così dire), con il risultato di un classico fattore survival andato a farsi benedire - se l'artificio fosse voluto, non se ne colgono comunque i frutti.
30 giorni di buio non riesce mai a conquistarsi un perchè; psicologico, sottile, perverso, malato, opprimente, immaginifico, ricercato, alternativo, trash, divertito, decerebrato, dirompente, spettacolare: scegliete voi quale aggettivo riesca meglio a non qualificarlo affatto.
@xPeter, visto quanto l'hai adorato immagino che non mancherai l'appuntamento di stasera per una seconda visione aggratis su ITA1 xD
RispondiEliminaGli darò un'occhiata per la prima volta e nel caso collaboro al massacro ^^
Veramente una boiata di film.
RispondiEliminaMi hanno detto peste e corna anche dell'ultimo Paranormal Activity che spopola al cinema.
Un film tanto coinvolgente che al secondo stacco pubblicitario ho cambiato canale e mi sono scordato che lo stavo guardando xD
RispondiEliminaDalla parte che ho visto ho ricavato le stesse considerazioni del post, a parte il motivo per cui scegliere una cittadina in mezzo al ghiaccio che resta 30 giorni al buio. Di fatto è un enorme freezer da cui attingere indisturbati senza la paranoia di dover ingurgitare il contenuto in una manciata d’ore; in teoria almeno, perché hanno mangiato quasi tutti in trenta secondi, per poi contendersi gli ultimi due bocconcini per i restanti millemila secondi rimasti. Pessima pianificazione.
La ragazza del giovine sceriffo sembrava la madre e la nonna che fungeva da segretaria… beh proprio la nonna xD
Alcuni comportamenti erano sopra le righe al punto da mostrare i personaggi portatori di schizofrenia repressa. No, non esternati durante la giustificabile tensione che si può provare mentre si lotta per la sopravvivenza, ma proprio nelle situazioni intermedie; che si sia trattato di un abbraccio “improvviso” o uno scatto d’ira, le esternazioni erano esagerate, ridicole come il tizio che per inseguire il padre (anello debole della catena) in fuga dal sicuro rifugio, ha mollato un cazzotto alla ragazza che tentava di spiegargli di quanto fosse pericoloso mettersi a gridare in quel modo. Sul testo non c’è bisogno di aggiungere niente, gli esempi riportati nel post bastano e avanzano.
Un film che si può evitare e che in caso contrario si dimentica facilmente; considerando la mia esperienza, anche mentre lo stai guardando ^^'
@ xPeter: Paranormal Activity purtroppo l'ho visto io, decisamente un sabato sera infelice.
RispondiEliminaLa sua scheda quasi quasi la scrivo io.
@Vic
RispondiEliminaMi hanno detto che Paranormal è una specie di montatura, una mera operazione di viral marketing.
Per cui ho evitato abbondantemente.
In compenso ho visto Avatar in 3D. Ci ho perso 3Diottrie xD
L'occhio un po' soffre, però l'effetto è gran bello.
A parte perdita della vista e problemi di autostima causa genitali potenzialmente proporzionati alla statura dei puffi Watussi, il film come ti è sembrato?
RispondiEliminaNo, perché dall'acidume in cui bazzico in questo periodo, avrei da parlar male anche di AvataZ ^^'
Io in treddi' ci ho visto UP e Coraline, e mi e' parsa proprio una roba che non aggiunge niente. Imho ricadra' nel dimenticatoio tra un paio d'anni, anche se con la versione senza occhiali potrebbe continuare ad essere spinto per queste produzioni ultramilionarie. Il mondo ne fa comunque tranquillamente a meno.
RispondiEliminaAvatar non l'ho visto, andarmi a vedere da solo un polpettone fantasy di quasi tre ore fa tremare la mia vescica. Ho letto il parere del nostro vecchio amico Matteo Bittanti, che ne riassume le qualita' cosi': "Avatar is today what Star Wars was in 1978. That is, complete rubbish" xD
A me invece sembra una bella aggiunta, specie ai film prevalentemente basati sulla "grafica" come Avatar.
RispondiEliminaMagari se sviluppano una tecnologia che lascia un po' più tranquilli gli occhi, è meglio :D
Il film non è certo roba per puzzonasisti, gioca su soluzioni di facile presa, ma il solo fatto che regga tutto il tempo che dura senza mai far sbuffare è indice di bontà.
La promozione virale messa su per Avatar è una roba da portare nelle università, tanto è risucita. Persino una giornalista seria come l'Annunziata è riuscita a citarlo come termine di paragone in un discorso relativo agli USA impegnati negli aiuti agli haitiani (come in Avatar... meh... >.<'). Una roba da far accaponare la pelle soprattutto perché la base del teatrino di Cameron è di una banalità disarmante. In pratica è una Pocahontas Disney che si sarebbe potuta ambientare ovunque (dalla tribù africana a ipotetici magnati dell'oro trovato in un paesino atlantideo). Non c'è un briciolo di originalità. Ancor meno per noi videogiocatori, smaliziati per quanto riguarda il calzare abiti digitali attraverso cui vivere realtà parallele...
RispondiElimina... siccome su PS3 ho il solito limite di caratteri, taglio corto. Bittanti ha ragione, ottimo sunto. Il problema è la quantità e il valore che gli è stato assegnato dalla massa. Non è un brutto film, ma neanche un capolavoro. Scivola via come una puntata di Texas Ranger
Non proseguo qui il discorso perche' allora magari e' il caso di farci un post apposito, ma tutti qui abbiamo visto l'episodio "dance with the smurfs" di South Park, vero? xD
RispondiElimina(Bittanti puo' avere ragione su Avatar ma non su Star Wars; Texas Ranger e' un trattato di filosofia ammereghena e non "sputa nel piatto in cui mangia" come il film di Cameron.)
confermo il post poco più sopra di maxlee: Avatar non è altro che Pocahontas ambientato su un pianeta alieno. Andarlo a vedere serve solo fare sentire in colpa lo spettatore per avere immeritatamente preso con uno striminzito 62/100 il diploma di perito informatico -sì, sto parlando della mia persona-.
RispondiEliminae sì, il 3D è fumo negli occhi.
anzi, negli occhialini.