Grazie al 3d di segnalazioni che si trova su GR ho scoperto che sta per riniziare una delle migliori serie tv sui supereroi “umani” di massa (come X-Men, Heroes per capirci). Prende il via la quarta stagione di 4400 e per l’occasione riporto il commento sulla precedente che tenevo nel blog personale che per ora, in attesa di decidere che farne, sto tenendo offline.
"Negli ultimi 60 anni, 4400 persone sono scomparse. Attraverso una cometa ritornano sulla terra senza alcun ricordo di dove siano state. Non sono invecchiate di un solo giorno e molte hanno sviluppato dei superpoteri. Tutte stanno provando a riallacciarsi alla propria vita interrotta. Non sono una minaccia, sono la salvezza. Il mondo dovrà venire a patti con loro".
L’incipit di 4400 è simile per certi versi alla storia che sta alla base di X-Men riguardo la parte che vede due fazioni antagoniste combattere a causa della loro diversità e della relativa paura che scaturisce dalla convivenza soprattutto quando questa è minacciata da un’improvvisa mancanza di equilibrio fra le forze. Come insegna la storia, quando l’uomo non riesce a confrontarsi con il “diverso” l’unica soluzione che riesce a considerare è la sua eliminazione. Sia nella prima serie (del tutto sperimentale e povera al livello d’idee) che nella seconda, si racconta la cronaca del conflitto fra “normali” e involontari “supereroi” per lasciare alla terza stagione la risoluzione del problema (che con la quarta in arrivo si è rivelata tutt’altro che definitiva).
Gli ingredienti generali su cui si poggia non sono originali, anzi, si può tranquillamente affermare che appartengano agli stereotipi del genere. C’è il gruppo di "mutanti" con dei superpoteri e l’edificio dove si riuniscono (con tanto di scuola dedicata). C’è il governo Usa che come da tradizione se la gioca fra il tentativo di eliminarli e quello di estorcere il segreto della loro superiorità da utilizzare a fini bellici. I protagonisti poliziotti “MIB” della sicurezza nazionale con la loro bella agenzia dedicata e le loro angoscie e gioie quotidiane vissute attraverso l’interazione e il conflitto con alcuni "ritornati" molto vicini a loro (figli, partners, amici). Uno schema che può ricordare anche il recente Heroes, ma oltre ad essere venuto dopo si discosta per un'impostazione più fantascientifica a differenza di 4400 che resta più vicino ad un dramma umano in tutto e per tutto.
Non avrà la stessa tecnica e l’inventiva di prodotti come Lost, ma ha classe e tanta. Lo si capisce quando si scopre come lo spettatore viene messo di fronte al giudizio riguardo le scelte dei protagonisti (Uccidere? Imprigionare? Liberare? Combattere o convivere?) in maniera credibile e funzionale, scelte che si rivelano giuste o sbagliate in modo relativo in quanto sono la conseguenza evanescente di un futuro diventato presente che cambia di volta in volta in base agli obiettivi raggiunti. Si scopre come l’interesse resta alto perché il coinvolgimento è dato dal ragionare in termini di risultato, aspettando un verdetto che viene esposto senza restare mai immutato e definitivo. Così ci si ritrova a tifare per i normali, per i diversi e spesso per entrambi. La scena dove un barbone che distribuisce la promicina (la medicina del potere) si rivolge direttamente a noi spettatori chiedendoci se siamo disposti a provarla (con la possibilità di sviluppare poteri e un 50% di rischio di morire in modo atroce), è la resa esplicita di questa sorta di complicità che si è voluta instaurare e coltivare fino all’ultimo fotogramma.
Una terza stagione da ricordare con un degno finale che non lascia niente in sospeso se non quelle due o tre situazioni che renderebbero possibile - ma non indispensabile - un continuo. Quando sabato su rai2 (in seconda serata) prenderà il via la quarta stagione, si scoprirà se c'era bisogno di aggiungere altro o bastava la magnifica seconda stagione e una terza all’altezza delle più grandi serie tv recenti.
Link di youtube alla sigla che apre il telefilm "A Place in Time", cantata da Amanda Abizaid: che dire, magnifica!
"Negli ultimi 60 anni, 4400 persone sono scomparse. Attraverso una cometa ritornano sulla terra senza alcun ricordo di dove siano state. Non sono invecchiate di un solo giorno e molte hanno sviluppato dei superpoteri. Tutte stanno provando a riallacciarsi alla propria vita interrotta. Non sono una minaccia, sono la salvezza. Il mondo dovrà venire a patti con loro".
L’incipit di 4400 è simile per certi versi alla storia che sta alla base di X-Men riguardo la parte che vede due fazioni antagoniste combattere a causa della loro diversità e della relativa paura che scaturisce dalla convivenza soprattutto quando questa è minacciata da un’improvvisa mancanza di equilibrio fra le forze. Come insegna la storia, quando l’uomo non riesce a confrontarsi con il “diverso” l’unica soluzione che riesce a considerare è la sua eliminazione. Sia nella prima serie (del tutto sperimentale e povera al livello d’idee) che nella seconda, si racconta la cronaca del conflitto fra “normali” e involontari “supereroi” per lasciare alla terza stagione la risoluzione del problema (che con la quarta in arrivo si è rivelata tutt’altro che definitiva).
Gli ingredienti generali su cui si poggia non sono originali, anzi, si può tranquillamente affermare che appartengano agli stereotipi del genere. C’è il gruppo di "mutanti" con dei superpoteri e l’edificio dove si riuniscono (con tanto di scuola dedicata). C’è il governo Usa che come da tradizione se la gioca fra il tentativo di eliminarli e quello di estorcere il segreto della loro superiorità da utilizzare a fini bellici. I protagonisti poliziotti “MIB” della sicurezza nazionale con la loro bella agenzia dedicata e le loro angoscie e gioie quotidiane vissute attraverso l’interazione e il conflitto con alcuni "ritornati" molto vicini a loro (figli, partners, amici). Uno schema che può ricordare anche il recente Heroes, ma oltre ad essere venuto dopo si discosta per un'impostazione più fantascientifica a differenza di 4400 che resta più vicino ad un dramma umano in tutto e per tutto.
Non avrà la stessa tecnica e l’inventiva di prodotti come Lost, ma ha classe e tanta. Lo si capisce quando si scopre come lo spettatore viene messo di fronte al giudizio riguardo le scelte dei protagonisti (Uccidere? Imprigionare? Liberare? Combattere o convivere?) in maniera credibile e funzionale, scelte che si rivelano giuste o sbagliate in modo relativo in quanto sono la conseguenza evanescente di un futuro diventato presente che cambia di volta in volta in base agli obiettivi raggiunti. Si scopre come l’interesse resta alto perché il coinvolgimento è dato dal ragionare in termini di risultato, aspettando un verdetto che viene esposto senza restare mai immutato e definitivo. Così ci si ritrova a tifare per i normali, per i diversi e spesso per entrambi. La scena dove un barbone che distribuisce la promicina (la medicina del potere) si rivolge direttamente a noi spettatori chiedendoci se siamo disposti a provarla (con la possibilità di sviluppare poteri e un 50% di rischio di morire in modo atroce), è la resa esplicita di questa sorta di complicità che si è voluta instaurare e coltivare fino all’ultimo fotogramma.
Una terza stagione da ricordare con un degno finale che non lascia niente in sospeso se non quelle due o tre situazioni che renderebbero possibile - ma non indispensabile - un continuo. Quando sabato su rai2 (in seconda serata) prenderà il via la quarta stagione, si scoprirà se c'era bisogno di aggiungere altro o bastava la magnifica seconda stagione e una terza all’altezza delle più grandi serie tv recenti.
Link di youtube alla sigla che apre il telefilm "A Place in Time", cantata da Amanda Abizaid: che dire, magnifica!
Primo episodio portato a casa. Il riassunto che avrebbe dovuto agevolare la visione anche a chi non ha seguito le precedenti stagioni è stato pessimo, con qualche flashback troppo breve per dare un senso alle cose (a momenti confondeva anche me che le conoscevo). Un debutto sciupato anche dalla messa in onda di una sola puntata in cui, per forza di cose, le nuove situazioni non possono essere esposte in maniera tale da stuzzicare l’interesse di una visione successiva.
RispondiEliminaComunque i personaggi hanno superato la linea di partenza e ora si avviano a prendere ognuno le proprie posizioni: il messia che continua nella sua opera di evangelizzazione convinto che solo una distribuzione uniforme dei poteri può evitare l’apocalisse, il poliziotto alla ricerca della moglie scomparsa e con un figlio di cui ignora la scelta di aderire alla categoria dei “superuomini”, il risveglio di un componente importante dei 4400, un nuovo personaggio nelle vesti di capo dell’agenzia, la poliziotta che torna dall’esilio spagnolo per rimettersi in gioco, i due autori della distribuzione della promicina che sono costretti a lasciare il loro rifugio. E poi i nuovi adepti con le conseguenze negative causate dal maldestro utilizzo del nuovo potere raggiunto, che sicuramente saranno diversi di puntata in puntata (un po' come gli effetti della kriptonite di smalvilliana memoria): questa volta è toccato ad un bimbominkia che improvvisamente si è ritrovato ad avere un ascendente fuori dal comune su tutti quelli che aveva intorno, compagni di scuola, cheerleader e addiritura militari impiegati come forze dell'ordine.
Puntata vista con interesse anche se lo scetticismo nei confronti di questa stagione resta. Aspetto sabato prossimo sperando che ci sia più materiale per capire che piega intende prendere.