domenica 26 ottobre 2008

Fantarealtà

Come ho ripetuto più volte negli scarabocchi scritti in giro per il web, l’incontro della fantasia con la realtà – nella realtà e viceversa - è uno degli argomenti che più mi affascinano. Non a caso una delle prime lettere mandate alla rivista Videogiochi aveva come base questo concetto, o una delle prime risposte che diedi nel forum che la ospitava o ancora il filo conduttore su cui baso i post che piazzo nel mio spazio personale sia online che su carta quando abbozzo delle storielle. Con un interesse del genere è facile intuire il piacere di leggere l’articolo di Matteo Bittanti presente nel numero di GPro di questo mese, basato su un suo pezzo pubblicato nella raccolta “Gamers. Storie di passione e videogiochi” che dovrò assolutamente recuperare. Una serie di esempi di regole videoludiche applicate al mondo reale dove – per citarne qualcuna – si potrebbe nuotare senza bagnarsi, sarebbe possibile teletrasportarsi in ogni punto del pianeta e dove di contro non avremo più privacy perché indicizzati a livello globale o dovremo convivere con un Essere frutto di un risultato ottenuto dalla somma di metadati e record. La frase che chiude l’articolo - “non si vince, non si perde: si vive. O, meglio, si persiste” - è lo spunto da cui parto per spendere due parole due su questo aspetto.

I mondi online sono già una sorta di realtà collettiva vissuta secondo le regole videoludiche immaginate presenti nella nostra realtà. Ciò che hanno dimostrato finora è che l’uomo è capace di mandare a pu**ane qualsiasi sistema ideale, che la prevaricazione continua imperterrita anche quando non occorre. Che il sistema di classificazione tra vincenti\perdenti\ subnormali\sfigati resiste anche dove non si vince e non si perde. Un ipotetico sistema di regole videoludiche perché funzioni “realmente” nel contesto del pianeta Terra, avrebbe bisogno di protagonisti molto diversi dall’attuale uomo scimmia. In caso contrario, nonostante si possano sviluppare le capacità più incredibili, ci sarà sempre qualcuno che cercherà un luogo alternativo in cui trasferirsi (evadere, divergere) magari in questo caso munito di quella normalità divenuta improvvisamente straordinaria. Ho l’impressione che un mondo videoludico ideale sarebbe “offline”, tante stanze quante ne servirebbero per dare a ciascuno un mondo in”animato” e soprattutto a propria immagine e somiglianza.

Detto ciò penso che sarebbe interessante aumentare il numero d’ipotesi proposte da Matteo Bittanti, positive o negative, probabili o completamente surreali. Per esempio si potrebbe immaginare la presenza di politici in grado di dire sempre la verità: un azzardato “meno semafori per tutti” utilizzato come slogan per una presunta eliminazione del traffico, diventerebbe un qualcosa di fattibile e non più una balla che tutti mandano giù pur consapevoli della sua natura. Per non parlare delle implicazioni di un senso come l’olfatto finalmente presente nel contesto di un mondo digitale materializzato. La creazione di questo genere di scenari potrebbe diventare uno dei possibili filoni da utilizzare insieme ai vecchi quiZ Tavernicoli e le altre robe abbiamo avviato nei post legati al delirio.

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